giovedì 13 maggio 2010

Il Cern, Twitter e riflessione sulle riflessioni attorno al giornalismo scientifico

Secondo un post dal Science Media Forum in corso a Madrid in questi giorni, il portavoce del Cern James Gillian considera possibile un'integrazione tra vecchi e nuovi media nel giornalismo scientifico.
Gillian ha anche citato l'esperienza dell'uso di Twitter da parte del Cern come un fatto sostanizalmente positivo.

Un'istituzione importante come il Cern si rende conto che sta accadendo qualcosa di grosso nell'ecosistema dell'informazione e sfrutta i nuovi media per discutere e aggiornare su quanto accade all'acceleratore di particelle più grande al mondo.

Prima considerazione: non è certo un'operazione di "divulgazione" ma di promozione. Siamo molto più vicini alle logiche del marketing e del PR che a quelle del trasferimento di contenuti. Niente di male, credo che l'ufficio di comunicazione del CERN faccia una scelta giusta. Mi chiedo: cosa ne penseranno i fisici?

Seconda considerazione: la scelta del Cern rende evidente che è la logica dei media, anche e soprattutto dei nuovi media, che predomina sul modello comunicativo voluto ancora da molti scienziati: io spiego, il giornalista traduce, il pubblico ascolta.
La scienza non è un caso speciale per i media. Lo è ancor di meno con la rete e i social network. Mi chiedo di nuovo: gli scienziati sono pronti a cogliere le implicazioni di questi cambiamenti? Non mi sembra.

Terza considerazione: il web 2.0 va nella direzione di un dialogo vero fra scienza e società? L'esperienza di Twitter al Cern potrebbe far pensare che i nuovi media aprono una strada concreta all'engagement. In realtà non mi sembra così. Ho l'impressione che i nuovi media da parte delle istituzioni scientifiche siano usati nel vecchio abito del deficit o in quello sempre più necessario delle pubbliche relazioni.

Quarta considerazione: le discussioni come quelle al Science Media Forum, almeno da quanto riportato dal post, si interrogano sulle sue possibilità di sopravvivenza del giornalismo scientifico. Mi sembra che manchi un discorso di respiro più ampio.
Sarebbe interessante riportare al caso del giornalismo scientifico analisi che vengono svolte sul giornalismo più in generale e che mi sembrano più profonde.
Non credo che sia interessante continuare a chiedersi se il vecchio mondo sopravviverà e quale prezzo pagherà a causa della rete. Forse più stimolante è interrogarsi su qual è il modo più sensato e significativo per abitare il nuovo mondo.
Nel caso del giornalismo scientifico è ancora più difficile perché è un genere giornalistico che si è storicamente definito in forte simbiosi con la carta stampata e soprattutto con l'idea che la sua funzione fosse esclusivamente quella di tradurre la scienza. Il giornalismo scientifico per gran parte della sua tradizione è stato concepito come un'estensione pubblica del punto di vista degli scienziati e delle istituzioni di ricerca.
Molto del disagio a condurre un'analisi più profonda sull'evoluzione dell'ecosistema della comunicazione nell'ambito dell'informazione su scienza, tecnologia e medicina dipende anche da questo fatto.

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