martedì 29 giugno 2010

Expertise e autismo

A partire da un articolo del Columbia Journalism Review sulla crisi dell'expertise nel giornalismo segnalo un'iniziativa controversa sull'autismo.
"L'autismo è reversibile" recita un video del movimento Generation Rescue.



Non c'è nessuna conferma scientifica di quanto sostenuto dagli attivisti di Generation Rescue. Controargomentazioni efficaci si possono trovare su Orac.

Voglio sottolineare tre punti:

1. Sia Generation Rescue che Orac si autoproclamano esperti su questioni in cui è coinvolta la scienza e rifiutano mediatori, vogliono parlare direttamente al pubblico.

2. Sta nascendo un movimento di pazienti e familiari autistici che rifiuta, contesta o accetta parzialmente le spiegazioni scientifiche e rivendica diritti. David Wolman ne aveva parlato su Wired con un articolo entrato nel The Best American Science Writing 2009.

3. Al centro della comunicazione degli utenti c'è la narrazione, la storia personale, il contesto ambientale.

sabato 26 giugno 2010

La notte è un teatro ampio



C'è una promessa nel libro di Barbara Grubissa fatta all'indomani del suicido di sua madre, circa tre anni fa: non abbandonare mai la poesia.
Nel racconto in versi dispiegato in vari episodi della vita dell'autrice, vive l'esigenza di comunicare il rapporto con la malattia mentale attraverso il "linguaggio primordiale, univoco, completamente razionale" della poesia.
Il risultato, un libro di circa sessanta pagine scritte in triestino con traduzione in italiano, si rivolge in modo esplicito agli psichiatri, perché capiscano in profondità che la vita di una persona non si racchiude in una diagnosi. Perché ascoltino il racconto di una figlia per la quale l'adolescenza coincide con la "scoperta" della malattia mentale in casa propria.
Il trattamento sanitario obbligatorio (Tso), subito dalla madre di Barbara per diversi anni, è il nucleo attorno al quale ruota la costruzione dell'impegno poetico. "Atto di barbarie" ma anche rimedio "salvifico" nell'esperienza dell'autrice, il Tso è l'espediente attraverso cui mostrare il vero, lo sporco, le notti insonni eppure l'amore, la responsabilità, il rispetto dei diritti a cui ci richiama l'incerta ricerca della salute mentale.
Come controcanto ai discorsi sui dispositivi giuridici e alle dispute scientifiche, Barbara con i suoi versi ci apre alle ampiezze della notte, ai suoi fantasmi, ai dettagli del territorio, ai movimenti lenti e sofferti, alla fatica di compiere anche pochi chilometri, da Trieste a Monfalcone, se quei chilometri significano infine fare i conti col mistero della propria esistenza.
La salute mentale si può ricomporre o frantumare per episodi apparentemente minimi, all'interno di logiche temporali non-lineari. La poesia di Barbara Grubissa svela l'inganno delle facili comunicazioni, dei veloci spostamenti, della pericolosa banalità di definizioni universalistiche. Son Stufadiza (edizioni KappaVu, Aprile 2010) è il suo primo libro di poesia. Speriamo che l'autrice mantenga la promessa di non smettere.

venerdì 25 giugno 2010

You Tube e il futuro del giornalismo partecipativo

Via Social Times una nuova piattaforma per il giornalismo partecipativo, You Tube Direct. Sotto, un video per capire come funziona

Informazione scientifica: poco soddisfatti i cittadini europei

Secondo un nuovo report dell'Eurobarometro su scienza e tecnologia pubblicato in questi giorni, circa l'80% dei cittadini europei è interessato alle scoperte scientifiche e agli sviluppi tecnologici, rispetto a un 65% interessato allo sport. Più del 70% degli europei vuole che la ricerca del vecchio continente sia maggiormente finanziata in futuro. Circa il 60% pensa che gli scienziati dovrebbero sforzarsi maggiormente per comunicare il proprio lavoro e il 65% sostiene che i governi dovrebbero fare di più per stimolare i giovani a interessarsi di tematiche scientifiche. Solo il 10% ritiene di essere ben informato sugli sviluppi della ricerca scientifica e dell'innovazione tecnologica.

Una versione sintetica dei risultati è all'indirizzo http://tinyurl.com/2bnsxnt

C'è interesse per la scienza e la tecnologia. C'è voglia di essere informati di più e meglio.
Per chi vuole fare professionalmente comunicazione della scienza è il tempo giusto per sperimentare, per essere creativi, per rischiare.

mercoledì 23 giugno 2010

Sempre connessi: scetticismi



Naomi Baron ha scritto un libro su come Internet e i telefono cellulari stanno modificando le nostre relazioni sociali e la scrittura. Le interessa capire i cambiamenti dovuti alla nostra condizione molto recente di vivere costantemente, almeno in linea di principio, connessi.

Si sta bene in questa condizione? Secondo l'autrice per il momento non tanto e forse anche in futuro non ci adatteremo a vivere continuamente tra sms, chat e social network.


Su una linea ancora più luddista Nicholas Carr con The Shallows: What the Intrnet is Doing to Our Brains. L'autore, già noto per "Is Google Making Us Studpi?" ritorna sugli stessi argomenti e sostiene che vivere continuamente on-line riduce la nostra capacità di seguire argomentazioni complicate o la capacità di concentrarci per lunghi periodi di tempo.

Dentro e fuori i confini


Oggi, al convegno Impazzire si può, in corso in questi giorni a Trieste, presento il libro A distanza d'offesa curato da Antonio Esposito e Luigia Melillo.

Tra i temi la diversità, il confine, l'Altro, il disagio e la paura che si traducono in esclusione, razzismo, pregiudizio. Perché abbiamo bisogno di mettere una distanza? Come si costruisce l'alterità incommensurabile? Quali sono i percorsi storici, politici e culturali che ci portano a escludere le persone sulla base di un'etichetta? In un'ultima istanza come si costruisce la violenza mascherata da sicurezza?

venerdì 18 giugno 2010

Come formare comunicatori della scienza: interdisciplinarietà

Cosa bisogna insegnare a chi vuole fare professionalmente comunicazione della scienza?
E' un po' che si discute il problema e la risposta non è univoca. In scuole e paesi diversi le risposte sono differenti e cambiano a seconda di bisogni degli studenti, dei background dei docenti e delle visioni del rapporto tra scienza e società.

Tra le iniziative più aggiornate in ambito formativo di respiro internazionale c'è il progetto Esconet e, più focalizzato sulla realtà americana, un curriculum sperimentale dell'Arkansas State University (Pearce et al, An Interdisciplinary Approach to Science Communication Education, Communicating Science, Routledge, 2010: 235-252)

Questi ultimi due esempi sono focalizzati sugli insegnamenti da fornire agli scienziati che vogliono interagire con i media e costruire relazioni sociali e culturali migliori con diversi attori sociali.

Pur nelle diversità di approcci, tutti sono d'accordo su un concetto: la formazione in comunicazione della scienza si deve basare su un approccio interdisciplinare. Nella visione tradizionale, per nulla tramontata, l'obiettivo della formazione è avere professionisti che predicano ai convertiti, ai fan della scienza, attraverso l'acquisizione di competenze tecniche specifiche.

La società della conoscenza richiede viceversa la nascita di figure intellettuali in grado di abbracciare: le varie dimensioni della scienza; le relazioni nuove tra scienza e società; l'evoluzione dell'ecosistema dell'informazione.
Abbiamo bisogno di un comunicatore totale della scienza (denominazione inventata da Pietro Greco).
Le scuole di comunicazione della scienza nel mondo sembra che si stiano attrezzando per fornire il giusto mix di interdisciplinarietà per rispondere a questa esigenza.

Chi sono i comunicatori della scienza in Danimarca

Uno studio che sta per essere pubblicato su Jcom, la rivista di ricerca in comunicazione della scienza di cui sono direttore, si chiede come i professionisti della comunicazione scientifica in Danimarca percepiscano il proprio ruolo e che immagine abbiano della scienza.

Non ci sono molte analisi di questo tipo. Uno studio del 2003 (Science Communication: A Contemporary Definition, T. W. Burns, D. J. O'Connor, S. M. Stocklmayer, Public Understanding of Science, Vol. 12, 2, pp. 183-202) li aveva definiti "guide di montagna". E' una denominazione riduttiva che riflette l'idea secondo cui la comunicazione della scienza fatta dai professionisti ha l'unica funzione di portare il pubblico a essere dalla parte della scienza. Attraverso il rude modello deficitario, o mediante una procedura più soft, mascherata da dialogo.

Secondo i risultati dell'indagine danese, i comunicatori della scienza non si percepiscono come le guide di un pubblico alla ricerca di una maggiore comprensione della conoscenza scientifica. Non sorprende, ma è importante che ci siano dei dati per confermarlo.

I comunicatori della scienza credono di giocare un ruolo più interessante, che ha a che fare con l'inclusione delle scienze in un più ampio contesto democratico e sociale. Credono di contribuire a fornire una pecezione più accurata delle dinamiche tra scienza, tecnologia e società.

giovedì 17 giugno 2010

Criteri di valutazione della scienza: discussione su Nature

Nature lancia uno speciale su come evolvono i sistemi di valutazione del lavoro degli scienziati.

Ricercatori e amministratori percepiscono in modo diverso l'uso delle metriche.

Secondo gli scienziati, quando si tratta di assunzioni e promozioni, viene data troppa importanza ai numeri, all'impact factor, alle citazioni. Non verrebbero presi in considerazione altri aspetti meno quantificabili della vita accademica, come seguire gli studenti, organizzare meeting, scrivere richieste di finanziamento, svolgere attività editoriali, insegnare e servire la comunità in altri modi.

Al di là dei meccanismi di valutazione l'editoriale di Nature che lancia lo speciale fa appello alla trasparenza: i criteri di giudizio devono essere chiari, aperti, accessibili.

mercoledì 16 giugno 2010

Liste di libri - libri di liste

Per gli amanti di cataloghi, libri, biblioteche. Liste strane, divertenti, erudite nell'opera di George M. Eberhart The Librarian's Book of Lists

Cambiamenti climatici, media e percezione pubblica: nuovi studi

Riassumo una discussione dalla mailing list del PSCI-COM su nuove indagini riguardanti global warming, media e percezione pubblica.

Secondo il report dell'Università di Cardiff Public perceptions of climate change and energy futures in Britain solo il 24% delle persone è d'accordo sul fatto che il cambiamento climatico è causato dalle attività dell'uomo.

Un altro studio della Standford University si domanda, fra le altre cose, se la fiducia negli scienziati sia stata incrinata a causa del Climategate. Sembra di no. Solo il 9% del pubblico americano ritiene che non ci si debba fidare delle affermazioni dei climatologi.

I norvegesi intanto credono nella scienza, ma non ritengono più che l'influenza umana sui cambiamenti climatici sia un priorità.

Secondo un'altra indagine americana, l' 81% tra il pubblico ritiene che gli scienziati siano attendibili come fonti di informazione sul global warming.

Alcuni contestano la metodologia di questi studi e sottolineano la difficoltà a cogliere la natura multidimensionale del concetto di fiducia. Altri paventano conflitti d'interesse.

domenica 13 giugno 2010

Mentre dormi

Una concessione personale. Oggi mio figlio Matteo compie tre anni. Gli dedico questo video di Max Gazzè, colonna sonora del film Basilicata coast to coast.

venerdì 11 giugno 2010

Fare per guarire

Cosa significa guarire dal disagio psicofisico? Cos'è un percorso di recovery?
Secondo Silva Bon, presidente dell'associazione volontaria di donne Luna e L'altra di Trieste, la guarigione è un progetto di vita.

La guarigione è

"una linea mobile, che avanza costantemente innanzi a noi, che ci sembra di toccare come la meta di un traguardo, ed invece, oltrepassata la soglia, ci accorgiamo che c’è dello spazio incognito ancora davanti, ancora oltre…

La guarigione diventa allora un progetto di vita.

Solo riuscendo ad interiorizzare la metodologia del “fare”, del fare per noi stessi in primo luogo, del fare per chi amiamo, del fare per chi ci sta vicino, riusciremo a costruire regole di vita che alla fine diventano proponibili, ferme dentro di noi, da ultimo necessarie, ma soprattutto utili per la nostra crescita, per il nostro andare verso il benessere."

Lezioni di giornalismo scientifico in rete

Legge bavaglio

"Perché il regime avrebbe chiuso ogni canale di comunicazione al di fuori del suo controllo se la censura non fosse stata l'essenza della perpetuazione del suo potere? Perché i Ministeri dell'Istruzione, allora come adesso, continuano a commissionare manuali di storia e, in alcuni paesi, decidono persino quali dei (solo quelli autentici) si debbano omaggiare nell'aula scolastica? Perché gli studenti dovettero lottare per la libertà di parola; i sindacati per il diritto a diffondere informazioni sul lavoro in azienda; le donne per creare librerie per le donne; i dissidenti sovietici per distribuire la letteratura dei samizdat; perché gli afroamericani negli USA e i popoli colonizzati in tutto il mondo hanno dovuto lottare perché gli fosse concesso di leggere?
Quello che sentivo allora, e che penso adesso, è che il potere è basato sul controllo della comunicazione e dell'informazione, sia che si tratti del macropotere dello stato e delle corporation dei media, o del micropotere di organizzazioni di ogni sorta. E così, la mia lotta per la comunicazione libera, nel blog d'inchiostro viola dell'epoca, era davvero un atto di sfida, e i fascisti, dal loro punto di vista, avevano ragione a cercare di prenderci e rinchiuderci, così da bloccare i canali che collegavano le menti individuali e la mente pubblica. Il potere è più che comunicazione, e la comunicazione eccede il potere. Ma il potere si fonda sul controllo della comunicazione, come il contropotere dipende dall'infrangere quel controllo. E la comunicazione di massa, la comunicazione che potenzialmente raggiunge l'intera società, è modellata e governata da relazioni di potere, radicate nel business dei media e nella politica dello stato.
Il potere della comunicazione sta al cuore della struttura e della dinamica della società."

Manuel Castells, Comunicazione e potere, Università Bocconi Editore, 2009, pp. xix-xx

mercoledì 9 giugno 2010

Dai blog ai libri per comunicare la scienza

Ancora un post da A blog around the clock. Secondo Bora Zivkovic sempre più libri di saggistica e divulgazione scientifica vengono scritti da blogger. Nel 2010 ci sarebbe stata un'esplosione editoriale in questo senso.
Bora fornisce una lista interessante. Non ho dati per confermare la sua impressione.
E' una possibile linea di ricerca comunque interessante quella che si interroga su come il web e i blog in particolare stanno partecipando alla ridefinizione del libro, o sarebbe meglio dire, alla ridefinizione delle qualità che trasformano un testo in un libro, la cosiddetta bookness.
C'è un settore della storia della scienza, che ha tra i suoi maggiori esponenti James Secord, interessato a capire come le nuove tecnologie trasformano i pubblici della scienza e contribuiscono a definire le linee di confine tra scienza e non-scienza. Il loro lavori sono concentrati nell'epoca vittoriana. L'epoca della Seconda rivoluzione scientifica e della lettura a vapore ha tante analogie colla trasformazione comunicativa e sociale dovuta alla rete.
Un'introduzione molto interessante ai lavori di questi storici è su un numero speciale di ISIS dell'anno scorso.

lunedì 7 giugno 2010

I migliori post su media e web 2.0 di "A blog around the clock"

Bora Zivkovic fa la lista dei migliori post usciti sul rapporto tra media, giornalismo e blogging dal 2004 a oggi pubblicati sul suo blog molto seguito "A blog around the clock"

domenica 6 giugno 2010

Un buon video per la ricerca? Una questione di camicie

Denis Meredith, autore di Explaining Research, tramite Scivee spiega come fare bene dei video per la ricerca scientifica. I consigli, molto pratici, di Meredith non hanno molto a vedere con la scienza, ma la parte sulle camicie da evitare di fronte a una videocamera va segnalata.

Che cos'è la psichiatria

Eugenio Borgna sul domenicale del Sole 24 Ore di oggi ci ricorda che quello che avviene nella interiorità di chi vive un esperienza di sofferenza psichica è sempre dotato di senso.

"Un senso decifrabile solo se ci si confronta con i pazienti ascoltandoli, ascoltandone le parole che vengono dette e anche quelle che non vengono dette e che sono riconosciute nei loro significati solo dall'intuizione: dalle pascaliane ragioni del vuore così indispensabili a ogni psichiatria che sia scienza umana e non solo scienza naturale." (pg. 33)

La psichiatria deve servire a curare le persone. Altrimenti è meglio farne a meno. La conoscenza scientifica ci può aiutare a conoscere la malattia. Le due cose vanno ben distinte. Vanno integrate, ma la psichiatria che in nome della scienza cerca di restringere il campo dei diritti delle persone, di tutti noi, va rifiutata. C' è molta confusione su questi piani. In buona e cattiva fede. Discorsi di potere si sovrappongono e si mischiano a discorsi sull'oggetto d'indagine scientifico interessante per la psichiatria che vuole sentirsi solo scienza naturale. Ma Borgna ci ricorda che deve essere anche scienza umana.

Ma la psichiatria può essere una scienza? Cafe Hayek riporta un' intervista a Louis Menand, che sul New Yorker di qualche mese fa aveva scritto questo pezzo in cui c'è tra l'altro un interessante paragone tra l'economia e la psichiatria nello stabilire le cause dei rispettivi fenomeni d'indagine.

Intanto giovedì 10 al Senato a Roma alle 10 viene presentato il libro di Peppe dell'Acqua Fuori come va? edito da Feltrinelli. Non ci dirà che cos'è la psichiatria ma ci aiuterà a capire cosa NON serve oggi alla salute mentale.

sabato 5 giugno 2010

Health 2.0: Medicina personalizzata lanciato in Italia

L'ungherese Bertalan Mesko porta in Italia una parte del progetto di salute 2.0 webicina. Si tratta di PeRSSonalized Medicina, uno strumento che aiuta pazienti e dottori a tenersi informati e aggiornati reciprocamente. E' free e facile da usare.

Mesko è tra i personaggi più interessanti nel mondo dell'health 2.0 e della medicina partecipativa. E' un settore in fermento. Se usato bene può essere un modo straordinario per condividere esperienze, cercare soluzioni, migliorare il rapporto medico-paziente, co-costruire salute.

Segnalo: il blog di Mesko, il famoso The Steryl Eye del norvegese Oystein Horgmo, i blog di Ves Dimov, Lucien Engelen , Denise Silber

venerdì 4 giugno 2010

All'Aquila c'è stato un problema di comunicazione

La procura dell'Aquila ha emesso sette avvisi di garanzia nei confronti della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi. L'ipotesi di reato è di omicidio colposo per "mancato allarme".
Ovviamente riscoppia la polemica sulla possibilità di prevedere i terremoti. E' una polemica sterile. Non è questo il punto.

La questione è chiedersi cosa dire, come dirlo, a chi dirlo nella situazione di rischio in cui si sono trovati i tecnici della protezione civile.
Giustino Parisse, secondo quanto riportato da il Centro, sostiene che il problema "non è se il terremoto si può o meno prevedere. La questione è che il messaggio uscito da quella "famosa" e vorrei aggiungere (col senno del poi) tragicomica riunione era: aquilani state tranquilli prima o poi le scosse finiranno."

I cittadini duramente provati dal terremoto si lamentano della mancanza di informazione e comunicazione trasparente. Si lamentano del fatto che non sono stati considerati punti di vista diversi da quelli tecnico-scientifici.

Senza entrare nel merito delle responsabilità che verranno accertate dalla magistratura non si può dire che mettere sotto il tappeto le voci discordanti abbia sortito gli effetti sperati di rassicurazione.

La Protezione civile ha fatto affidamento a una nozione di fiducia molto fragile in una società aperta e mediatizzata. Hanno pensato che rassicurare la popolazione facendo appello a un'expertise scientifica considerata indiscutibile fosse sufficiente ad avere il sostegno pubblico nei confronti delle scelte molto difficili che hanno dovuto effettuare.

Per avere credibilità l'expertise da sola non è sufficiente. La credibilità si conquista anche con la fiducia, con una combinazione tra expertise e fiducia.

La crisi di credibilità degli scienziati implicati nella vicenda del terremoto ci permette di dare una chiave di lettura dell'intervento della magistratura, difficilmente spiegabile altrimenti all'interno della polemica: è possibile/non è possibile prevedere i terremoti.

La crisi di credibilità sottolinea i diversi aspetti del concetto di epistemologia civica elaborato da Sheila Jasanoff. Un concetto che include la combinazione dei modi in cui la conoscenza è presentata, testata, verificata e utilizzata nell'arena pubblica.

martedì 1 giugno 2010

National Science Foundation: niente soldi per la scienza che non fa outreach

Una news di Nature di qualche giorno fa, si interroga sull'insistenza della National Science Foundation (NSF) americana nel voler finanziare solo progetti che dimostrano di avere impatti sociali più ampi.
L'articolo sottolinea che ancora oggi non è chiaro come si facciano a misurarli. Una commissione sta pensando a elaborare delle linee guida, ma prima del 2011 non si avranno i risultati. Intanto c'è qualche esperienza positiva, ma di solito gli scienziati sono infastiditi frustrati dai loro tentativi di comunicazione che non vanno a buon fine. La NSF non demorde però e considera imprescindibile per elargire i finanziamenti un riscontro sull'utilità sociale ed economica della ricerca.

La news di Nature dipinge un quadro della situazione americana in cui gli studi di comunicazione della scienza e i science studies non sembrano essere presi granché in considerazione. Molte volte si fa riferimento all'Inghilterra e agli Stati Uniti per far vedere che la comunità degli scienziati ha compreso in questi paesi, meglio che da altre parti, il fatto che comunicare con il pubblico è una necessità ineludibile. L'articolo riporta dubbi e insofferenze che a dire il vero non mostrano questa consapevolezza.

La NSF incarna i cambiamenti della politica della ricerca e dei rapporti tra scienza e società ben descritti dal modo 2 della produzione della conoscenza scientifica.
La scienza contemporanea per essere robusta socialmente deve dimostrare di essere utile e di assumersi le responsabilità di quello che fa. Ha bisogno di comunicazione. L'alternativa è che decisioni rilevanti sul suo sviluppo siano sempre di più prese da altri.

La comunicazione non può però essere un provvedimentouna tantum, né ci si possono aspettare effetti taumaturgici dai programmi di diffusione dei risultati della ricerca, nè immaginare che la relazione tra attività di outreach e percezione pubblica sia lineare. Le dichiarazioni degli scienziati intervistati da Nature esprimono ansie e insoddisfazioni tipiche di questo approccio.

Nell'articolo si dice anche che bisognerebbe sostenere le esperienze di uffici di science outreach di cui si sono già dotati alcune università americane. Detto così sembra uno strumento tecnico. Non credo che funzionerà neanche in questo modo. Il punto non è semplicemente dare in mano a dei professionisti della comunicazione il fardello di far capire in modo efficace le implicazioni positive della ricerca. E' una logica da marketing.

La vera difficoltà è culturale. Gli scienziati devono interiorizzare una nuova fase dei rapporti tra scienza e società e dotarsi di nuovi strumenti concettuali per interagire con pubblici diversi. Non è detto che lo possano/debbano fare da soli.
E' forse necessario che nuove figure emergano all'interno dell'università per svolgere un'altra funzione oltre a quelle della formazione e della ricerca: quella della comunicazione pubblica rivolta alla costruzione di reti sociali, quella che Pietro Greco ha definito la terza missione per l'università.