venerdì 11 giugno 2010

Legge bavaglio

"Perché il regime avrebbe chiuso ogni canale di comunicazione al di fuori del suo controllo se la censura non fosse stata l'essenza della perpetuazione del suo potere? Perché i Ministeri dell'Istruzione, allora come adesso, continuano a commissionare manuali di storia e, in alcuni paesi, decidono persino quali dei (solo quelli autentici) si debbano omaggiare nell'aula scolastica? Perché gli studenti dovettero lottare per la libertà di parola; i sindacati per il diritto a diffondere informazioni sul lavoro in azienda; le donne per creare librerie per le donne; i dissidenti sovietici per distribuire la letteratura dei samizdat; perché gli afroamericani negli USA e i popoli colonizzati in tutto il mondo hanno dovuto lottare perché gli fosse concesso di leggere?
Quello che sentivo allora, e che penso adesso, è che il potere è basato sul controllo della comunicazione e dell'informazione, sia che si tratti del macropotere dello stato e delle corporation dei media, o del micropotere di organizzazioni di ogni sorta. E così, la mia lotta per la comunicazione libera, nel blog d'inchiostro viola dell'epoca, era davvero un atto di sfida, e i fascisti, dal loro punto di vista, avevano ragione a cercare di prenderci e rinchiuderci, così da bloccare i canali che collegavano le menti individuali e la mente pubblica. Il potere è più che comunicazione, e la comunicazione eccede il potere. Ma il potere si fonda sul controllo della comunicazione, come il contropotere dipende dall'infrangere quel controllo. E la comunicazione di massa, la comunicazione che potenzialmente raggiunge l'intera società, è modellata e governata da relazioni di potere, radicate nel business dei media e nella politica dello stato.
Il potere della comunicazione sta al cuore della struttura e della dinamica della società."

Manuel Castells, Comunicazione e potere, Università Bocconi Editore, 2009, pp. xix-xx

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