"Perché il regime avrebbe chiuso ogni canale di comunicazione al di fuori del suo controllo se la censura non fosse stata l'essenza della perpetuazione del suo potere? Perché i Ministeri dell'Istruzione, allora come adesso, continuano a commissionare manuali di storia e, in alcuni paesi, decidono persino quali dei (solo quelli autentici) si debbano omaggiare nell'aula scolastica? Perché gli studenti dovettero lottare per la libertà di parola; i sindacati per il diritto a diffondere informazioni sul lavoro in azienda; le donne per creare librerie per le donne; i dissidenti sovietici per distribuire la letteratura dei samizdat; perché gli afroamericani negli USA e i popoli colonizzati in tutto il mondo hanno dovuto lottare perché gli fosse concesso di leggere?
Quello che sentivo allora, e che penso adesso, è che il potere è basato sul controllo della comunicazione e dell'informazione, sia che si tratti del macropotere dello stato e delle corporation dei media, o del micropotere di organizzazioni di ogni sorta. E così, la mia lotta per la comunicazione libera, nel blog d'inchiostro viola dell'epoca, era davvero un atto di sfida, e i fascisti, dal loro punto di vista, avevano ragione a cercare di prenderci e rinchiuderci, così da bloccare i canali che collegavano le menti individuali e la mente pubblica. Il potere è più che comunicazione, e la comunicazione eccede il potere. Ma il potere si fonda sul controllo della comunicazione, come il contropotere dipende dall'infrangere quel controllo. E la comunicazione di massa, la comunicazione che potenzialmente raggiunge l'intera società, è modellata e governata da relazioni di potere, radicate nel business dei media e nella politica dello stato.
Il potere della comunicazione sta al cuore della struttura e della dinamica della società."
Manuel Castells, Comunicazione e potere, Università Bocconi Editore, 2009, pp. xix-xx
venerdì 11 giugno 2010
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