venerdì 8 ottobre 2010

Nuovo sito web: mi trasferisco

Questo è l'ultimo post su questo blog. D'ora in poi chi avrà voglia di seguire quello che scrivo e soprattutto interagire può venire a trovarmi nella mia nuova casa virtuale all'indirizzo http://www.nicopitrelli.it/

mercoledì 6 ottobre 2010

Festival dei Matti a Venezia

Inizia domani a Venezia e va avanti fino a sabato Il Festival dei Matti. E' la seconda edizione di un evento fatto di seminari, laboratori, film e altro attorno alle questioni della follia. L'obiettivo è smontare pregiudizi, promuovere le voci dei protagonisti, ridurre lo stigma. Ci sono anche io sabato. Insieme a Mara Mazzola conduco un laboratorio sulla comunicazione.

giovedì 30 settembre 2010

Scienza e giornalismo partecipativo al Festival di Internazionale (4) e (5)

Chiudo lo svolgimento della scaletta relativa all'intervento ormai imminente che farò alla tavola rotonda su Scienza e giornalismo partecipativo in occasione del Festival di internazionale a Ferrara (1-3 ottobre). Le altre puntate sono qui, qui e qui.

La scaletta è:

1. Il giornalismo scientifico è in crisi? E le sue difficoltà sono dovute alla rete?
2. Norme e convenzioni del giornalismo scientifico tradizionale
3. Difficoltà del giornalismo scientifico tra new e old media
4. Iniziative innovative
5. Il giornalismo scientifico dei prossimi anni tra "nuovo giornalismo" ed evoluzione dei rapporti tra scienza e società.

Punto 4. Iniziative innovative

-Gli scienziati-blogger

I blog dedicati a scienza e medicina sono aumentati notevolmente negli ultimi anni. L'esperienza più interessante è costituita dalla piattaforma del “Seed Media Group”, “ScienceBlogs.com”, lanciata nel 2006 per facilitare l’interazione tra ricercatori e altre comunità di scrittori di scienza.
Alcuni studiosi ritengono che le caratteristiche dei blog rendano questo strumento particolarmente adatto al dialogo nella comunicazione della scienza. I blogger scientifici di successo descrivono le loro scoperte come uno straordinario e impellente viaggio intellettuale durante il quale vogliono condividere con altri l’incertezza e le difficoltà delle battaglie cognitive che stanno affrontando. Tutto ciò si addice molto bene alla quotidianità della ricerca. I blog scientifici non ci dicono tanto sulla “scienza pronta all’uso”, ma ci permettono di mettere le mani in pasta nelle discussioni nei laboratori in presa diretta.
Le polemiche tra scienziati-blogger e giornalisti scientifici riproducono quelle simili ad altri ambiti del giornalismo: si discute sulla possibilità, capacità e legittimità da parte degli scienziati di fare a meno, grazie al web, di mediatori.
Lo stesso accade per i progetti in rete grazie ai quali gli scienziati e le istituzioni scientifiche possono
raggiungere direttamente i lettori, a cui raccontano in prima persona i dettagli del proprio lavoro contrapponendosi così all’informazione scientifica sempre meno indipendente veicolata dai mass media tradizionali.

-Iniziative in cui si confonde la linea di demarcazione fra giornalismo e PR

Un progetto che sta suscitando un vivace dibattito negli ultimi tempi è il sito “Futurity.org” presentato come la soluzione al declino subito dal giornalismo scientifico nei tradizionali sbocchi mediatici dell’informazione. Il sito è un aggregatore di comunicati stampa prodotti da differenti centri di ricerca americani. A differenza di iniziative simili già esistenti, come “EurekaAlert” dell’AAAS, la presentazione dei contenuti è realizzata con l’ausilio di immagini accattivanti e seguendo logiche giornalistiche.
I critici di “Futurity.org” sostengono che il sito mischia le carte tra la comunicazione istituzionale, le pubbliche relazioni e il giornalismo vero e proprio. I suoi sostenitori ritengono che favorire la comunicazione diretta degli scienziati attraverso il web e ridurre il numero dei passaggi intermedi è un fatto molto positivo perché permette finalmente la trasmissione delle “verità” della natura.
La discussione suscitata da “Futurity.org” indica una direzione interessante da esplorare: quella di verificare se i giornalisti “divulgatori” e pro-science troveranno una nuova collocazione come comunicatori istituzionali. La rete potrebbe selezionare coloro i quali credono che la loro funzione informativa consista nel riportare il più correttamente possibile le scoperte della scienza da chi ha un atteggiamento più critico e più conforme all’autonomia del giornalismo.
L’esempio di “Futurity.org” è interessante anche perchè dimostra che le istituzioni scientifiche sono disposte a investire in attività di comunicazione diretta con il pubblico attraverso Internet. Se il progetto funziona, è possibile che siano disposte a farlo anche per impiegare persone con background, competenze e convinzioni cratteristiche del giornalista scientifico “embedded”.
“Futurity.org “è interessante infine per i nostri scopi anche per un altro motivo. La discussione attorno alle funzioni di questo sito ripropone infatti delle questioni tradizionali: il tema dell’accuratezza con cui vanno riportate le notizie di scienza, la discussione su chi è più legittimato a parlare di scienza al pubblico dei non-esperti, l’idea che ci sia una coincidenza fra comunicazione della scienza e comprensione e apprezzamento pubblico della scienza. Il tutto si svolge nella cornice dei nuovi media.
I presupposti generali rimangono quindi quelli del modello di deficit, anche se sono arricchiti da considerazioni caratteristiche del contesto attuale della comunicazione della scienza, come la relazione confusa tra professionisti delle pubbliche relazioni, giornalisti che fanno sempre meno il lavoro di cronisti e sempre più quello di desk e scienziati che vogliono interagire direttamente con i pubblici grazie ai nuovi media. Sarà interessante capire se con Internet gli esiti degli sforzi nell’ottica diffusionista saranno diversi da quelli avuti con media tradizionali.

-Giornalismo scientifico dei non-esperti

Abbiamo descritto dei casi che riguardano soprattutto gli scienziati e i giornalisti, ma la possibilità di influenzare il dibattito pubblico sulla scienza attraverso la produzione di informazione che non arriva da fonti tradizionali riguarda molti altri attori, come le case farmaceutiche, le associazioni non governative, i gruppi ambientalisti. In tal senso esistono già diversi progetti consolidati. Ci sono progetti di successo in ambito sanitario in cui attraverso il web 2.0 pazienti, medici, infermieri, assistenti sociali, sono invitati a raccontare le loro esperienze in rete con l’obiettivo di sensibilizzare il grande pubblico, coinvolgere più utenti nell’attività di ricerca, aiutare le famiglie a trovare assieme soluzioni alla fatica del rapporto quotidiano con i propri cari affetti da disturbi. Il principio guida di questi progetti va al di là di un coinvolgimento attivo o passivo: è richiesta una vera e propria partecipazione basata sul riconoscimento e rispetto reciproco dei diversi saperi, esperienze e competenze.

Detto questo, quali sono i possibili scenari che si aprono per il giornalismo scientifico dei prossimi anni?
Affronto la questione nel punto 5 della scaletta.

5. Il giornalismo scientifico dei prossimi anni tra "nuovo giornalismo" ed evoluzione dei rapporti tra scienza e società.

La conclusione è che non c'è più un accordo condiviso sulla definizione di giornalismo scientifico. Due grosse scosse telluriche hanno fatto franare il terreno su cui si poggiavano storicamente le norme e le convenzioni di questa specializzazione giornalistica: una è stata l'emergere di un nuovo ecosistema della comunicazione, problema che riguarda tutto il giornalismo; la seconda il modificarsi dei rapporti tra scienza e società.

Come conseguenza della nascita di un'ecosistema mediatico nuovo, è diventato confuso rispetto al passato il ruolo degli scienziati e delle istituzioni scientifiche nel fornire informazioni. Il giornalismo partecipativo ha determinato come impatto principale l'erosione della linea di confine tra scienziati che comunicano per ragioni promozionali e giornalisti veri e propri.
Questo problema è legato al fatto che la definizione di "giornalismo" in generale si sta estendendo sempre di più per includere forme di produzione dell'informazione che non esistevano fino a poco tempo fa.
Qual è la linea di demarcazione precisa che divide le attività che possiamo chiamare giornalismo da altre forme di comunicazione? Esiste? Non lo so.
Credo che in ogni caso sia arbitraria e che in questo momento si sta giocando una grande battaglia per ridefinire qualcosa su cui alla fine bisognerà prendere una decisione, una decisione che in ultima istanza è di ordine sociale e culturale.
Questo vale a maggior ragione per il giornalismo scientifico, una specializzazione particolarmente cristallizzata in forme e convenzioni sempre meno adeguate al nuovo ecosistema comunicativo. Il giornalismo scientifico continuerà a esistere ma sarà una professione diversa da quella attuale. Quello che vedremo in futuro sarà il frutto di un processo di rivisitazione delle dimensioni che hanno caratterizzato la credibilità giornalistica in passato. Tale rivisitazione dovrà tener conto soprattutto del consumo e dell'uso partecipato delle notizie in cui è centrale il ruolo della rete.

D'altra parte i blog,i siti web e social network mostrano sempre di più che molte problematiche del rapporto tra scienza e società non si possono ridurre unicamente alle componenti scientifiche, ma devono includere questioni più ampie riguardanti la politica, l’economia, l'etica e forme della conoscenza alternative a quelle scientifiche.
Attivare un dialogo efficace significa avere una sensibilità all’ascolto, tener conto del contesto specifico della comunicazione, chiedersi “cosa” va comunicato e “a chi”. Tutti fatti che sembrano scontati ma non lo sono quando si parla di informazione e comunicazione scientifica.
Gli interrogativi sulla crisi del giornalismo scientifico ruotano prevalentemente attorno alla sopravvivenza di giornalisti nati e cresciuti nella carta stampata secondo logiche che non sono più valide universalmente.
Non bisogna confondere questo problema con l’impressione che non ci sia più bisogno di professionisti della comunicazione della scienza. Al contrario. La richiesta di scienza e tecnologia sui media, soprattutto per comprenderne i meccanismi e le implicazioni sociali, è più viva che mai e le competenze richieste al nuovo giornalista scientifico sono, se possibile, ancora maggiori che nel passato. Non gli basta più essere a suo agio con neuroni, funzioni d’onda e proteine e saper produrre dei bei resoconti semplificati della scienza pieni di metafore e analogie. Se vuole continuare a raccontare storie interessanti e utili deve comprendere i cambiamenti del rapporto tra scienza e società cercando di tradurre nella pratica le conseguenze della riconcettualizzazione dei pubblici della scienza raccogliendo allo stesso tempo la sfida dell’evoluzione dei media.
L’ecosistema dei comunicatori della scienza e dei giornalisti scientifici dovrà sempre di più essere abitato da una flora e una fauna di alta biodiversità in grado di sperimentare e proporre nuove narrazioni.

mercoledì 29 settembre 2010

Scienza e giornalismo partecipativo al Festival di Internazionale (3)

Terza puntata dell'intervento sul rapporto tra scienza e giornalismo partecipativo in occasione dell'incontro che si terrà fra un paio di giorni a Ferrara nell'ambito del festival di Internazionale. La prima puntata è qui, la seconda qui.

La scaletta è la seguente:

1. Il giornalismo scientifico è in crisi? E le sue difficoltà sono dovute alla rete?
2. Norme e convenzioni del giornalismo scientifico tradizionale
3. Difficoltà del giornalismo scientifico tra new e old media
4. Iniziative innovative
5. Il giornalismo scientifico dei prossimi anni tra "nuovo giornalismo" ed evoluzione dei rapporti tra scienza e società.

Punto 3. Difficoltà del giornalismo scientifico fra new e old media

La discussione sulla crisi del giornalismo scientifico, attribuita da molti a Internet, ha permesso di mettere in luce alcuni limiti del giornalismo scientifico tradizionale indipendenti dalla rete. A queste si sono aggiunte altre difficoltà dovute effettivamente alla circolazione, diffusione e appropriazione della conoscenza in ambito medico, scientifico e tecnologico derivanti dall'uso delle tecnologie digitali.

a) Difficoltà legate agli sviluppi professionali del giornalismo scientifico indipendenti da Internet:

-Copertura di una gamma di argomenti troppo ampia (dall'antropologia all'astrofisica fino all'alterosclerosi) su cui è impossibile che un singolo individuo abbia le competenze necessarie e il tempo per l'approfondimento;

-La specializzazione delle discipline scientifiche rende difficile capire cosa è davvero importante e cosa non lo è dal punto di vista della ricerca;

-Commercializzazione della ricerca e conseguenti conflitti d'interessi;

-Scienza embargata. Il sistema dell'embargo, vale a dire il fatto che alcune riviste mandano in anticipo i dettagli e i materiali di una ricerca scientifica ai giornalisti a condizione che non vengano pubblicata prima di una certa data, crea vari problemi: il quasi esclusivo monopolio informativo da parte di pochi giornali come Nature, Science, The Lancet per i quali l'embargo è sostanzialmente uno strumento di marketing. L'embargo deprime inoltre attività giornalistiche d'inchiesta originali;

-Crescente ruolo dei PR. Il giornalismo scientifico, in linea con una tendenza che riguarda tutto il giornalismo, si è progressivamente indebolito a favore degli uffici stampa e degli uffici di relazioni pubbliche. Per produrre le notizie, giornalisti mal pagati e mal equipaggiati si affidano ai comunicati stampa o a materiali disposti in “kit informativi” ben confezionati, magari arricchiti da formati multimediali. Chi ha poco tempo, poche risorse e spesso poca preparazione per approfondire e per mettere a confronto la versione ufficiale con fonti indipendenti, difficilmente svolge un lavoro giornalistico qualificato e credibile e una nicchia nel panorama informativo come il giornalismo scientifico risente particolarmente della precarietà professionale che sta investendo il mondo della comunicazione.

b) Difficoltà attribuite alla diffusione di piattafrome multimediali e alla crescita di informazione scientifica in rete.

-Aumento del carico di lavoro per coprire il numero crescente di output richiesti a cui non corrisponde un adeguato aumento delle assunzioni di professionisti specializzati;

-Pack Journalism. Come conseguenza dell'aumento del carico del lavoro e del sistema dell'embargo, i giornalisti specializzati non hanno tempo e non vengono stimolati a un lavoro giornalistico indipendente. Questo porta a un'omogenizzazione della copertura dell'informazione scientifica prodotta sostanzialmente attraverso un'attività di desk centralizzata basata su notizie ricavate da comunicati stampa;

-Verifica dei fatti. L'aumento del carico di lavoro dovuto alla diffusione delle piattaforme multimediali rende molto difficile la verifica dell'attendibilità delle fonti e il confronto fra fonti diverse;

c) Difficoltà legate all'emergere di iniziative di giornalismo scientifico partecipativo.

-La salute e la medicina sono gli ambiti in cui sia gli accademici che i politici si stanno interrogando maggiormente per capire l’uso e gli effetti dell’internet come fonte di informazione e comunicazione scientifica. Ogni giorno entrano in rete milioni di persone per cercare argomenti legati a malattie e terapie. Dall’uso consapevole del World Wide Web ci si aspetta la formazione di cittadini e pazienti in grado di essere più responsabili della propria salute. Le dimensioni in cui si può articolare la formazione della cittadinanza medico-scientifica e la democratizzazione della comunicazione scientifica con l’uso della rete e dei suoi sviluppi sono una questione complessa.
Riguardo allo specifico del giornalismo scientifico i fenomeni su cui si sta discutendo di più sono i blog e le iniziative di comunicazione istituzionale che sembrano attività giornalistiche a tutti gli effetti.

Da molti punti di vista, la disputa tra blogger-scienziati e professionisti dell’informazione si è riprodotta in termini simili a quelli di altri ambiti del giornalismo. Questo aspetto lo approfondisco nel prossimo punto, che riguarda le iniziative innovative di giornalismo scientifico.

martedì 28 settembre 2010

Scienza e giornalismo partecipativo al Festival di Internazionale (2)

Svolgo il secondo punto della scaletta che mi sono promesso di rispettare per l'intervento che farò fra qualche giornao al Festival di Internazionale a Ferrara, nell'ambito dell'incontro su Scienza e giornalismo partecipativo.

La scaletta è la seguente:

1. Il giornalismo scientifico è in crisi? E le sue difficoltà sono dovute alla rete?
2. Norme e convenzioni del giornalismo scientifico tradizionale
3. Difficoltà del giornalismo scientifico tra new e old media
4. Iniziative innovative
5. Il giornalismo scientifico dei prossimi anni tra "nuovo giornalismo" ed evoluzione dei rapporti tra scienza e società.

Punto 2. Norme e convenzioni del giornalismo scientifico tradizionale

Di scienza sui giornali si scrive fin dalla loro invenzione e ancora di più quando questi si affermano come principale espressione della cultura popolare. La comparsa di una nuova figura redazionale, rispettata e specializzata nel riportare i fatti della scienza è però lenta e successiva.

La notizia scientifica acquista lo status di un genere giornalistico riconoscibile solo verso la fine della Prima Guerra Mondiale. Durante gli anni '30 del Novecento si costituiscono le prime associazioni di professionisti negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. A partire dal mondo anglosassone si definisce un modello di norme, convenzioni, pratiche e relazioni che si diffonde con successo in tutto il mondo e rimane incontrastato grosso modo fino agli anni '60 del Novecento, quando in seguito alle istanze dei movimenti pacifisti, ambientalisti e antimilitaristi iniziano a essere raccontati gli aspetti controversi dello sviluppo scientifico.

Nonostante da più di quarant'anni due modelli di giornalismo scientifico si contendano la scena, ancora oggi prevale l'immagine del giornalista scientifico il cui ruolo è quello di fornire un aiuto nel promuovere i benefici della scienza e della tecnologia in nome di un complessivo progresso sociale. Da tale approccio derivano le ragioni per cui un fatto scientifico diventa notiziabile, i "valori notizia" del giornalismo scientifico, vale a dire le modalità attraverso cui alcuni fatti del mondo della scienza, e non altri, trovano spazio sui media.

In sintesi la figura del giornalismo scientifico e del giornalista scientifico tradizionali possono essere così descritte:

a) Funzioni: i giornalisti scientifici devono promuovere un'immagine positiva della scienza e della tecnologia, sono portavoci della Verità al servizio della modernità; il loro compito è di tradurre e di spiegare la scienza riducendo al minimo le distorsioni da un ideale conoscitivo. Fare inchieste e analisi non rientra nei loro compiti. Poco spazio viene lasciato al "perché" gli scienziati fanno il loro lavoro;

b) Pratiche: simbiosi con la comunità scientifica; allineamento con i ritmi della scienza da coprire; autonomia e distinzione dalle altre componenti delle redazioni giornalistiche;

c) Fonti: gli scienziati e le riviste scientifiche, soprattutto quelle con alto impact factor (Nature e Science);

d) Criteri di notiziabilità: attendibilità delle fonti; fascinazione e distanza dalle preoccupazioni quotidiane ad esempio per fisica, astronomia, geologia; conseguenze sulla salute umana per le scienze della vita; importanza dell'impresa conoscitiva in generale e delle ricadute positive dell'avanzamento della conoscenza scientifica per la società;

e) Cornici: le cornici sono strategie impegate dai giornalisti per rendere un fatto significativo agli occhi dei lettori. Le cornici organizzano le idee, danno enfasi ad alcuni aspetti e meno ad altri, vengono definite in modo da risuonare con il backgorund di valori, aspettative e orientamenti dei diversi pubblici, permettono una rapida identificazione delle ragioni per cui una questione è importante, chi può essere il responsabile e per capire ciò che andrebbe fatto.
Il processo di costruzione delle cornici è frutto di negoziazioni attraverso cui si decide ad esempio la posizione, il titolo, le didascalie, le immagini che devono accompagnare un articolo. Diversi attori partecipano alla definizione delle cornici, tra cui giornalisti, redattori, editori, fonti. Complessivamente le cornici hanno una conseguenza non solo nella scelta di quali affermazioni o fatti espressi dalle fonti vegnono selezionate come notiziabili, ma anche nelle convenzioni narrative con cui le notizie sono riportate e nelle possibili conseguenze sulla percezione pubblica.
Nel giornalismo scientifico tradizionale, le convenzioni narrative con cui vengono coperte la scienza e gli scienziati sono: inaccessibilità, superiorità morale, distanza dalla cose ordinarie degli scienziati; la scienza come prodotto finito, le scoperte scientifiche come risultati certi e oggettivi; la scienza come strumento potente di trasformazione sociale e culturale; rapporto causale fra scienza e tecnologia; lo scienziato come figura solitaria, disinteressato e appassionato cercatore della verità.

Queste forme, convenzioni e pratiche hanno generato un certo numero di problemi classici del giornalismo scientifico a cui se ne sono aggiunti dei nuovi sia per l'evoluzione dei rapporti tra scienza e società che per l'emergere delle tecnologie digitali. Questo è l'argomento che tratterò nel terzo punto del mio intervento.

sabato 25 settembre 2010

Scienza e giornalismo partecipativo a Ferrara in occasione del Festival di Internazionale

Venerdì prossimo primo ottobre, nell'ambito delle iniziative legate al Festival di Internazionale a Ferrara, si parla di scienza e giornalismo partecipativo. Sul sito di Youcapital si trova il comunicato stampa dell'evento a cui partecipo anche io.

L'abstract che ho inviato agli organizzatori è il seguente:

L'epoca in cui il giornalista scientifico godeva di un trattamento privilegiato all'interno delle redazioni è finita. Si restringono i suoi spazi in quotidiani, riviste, radio e tv e la sua autorità narrativa è contestata dal ruolo crescente dei pubblici che popolano l'ecosistema comunicativo digitale. Il giornalismo scientifico, da una parte, subisce in modo significativo le conseguenze della riconfigurazione storica che sta segnando il passaggio dai mass-media tradizionali alla comunicazione collaborativa in rete. Dall'altra, quelle legate al mutato rapporto tra scienza e società. Eppure c'è sempre più bisogno di informazione su temi di scienza, tecnologia, medicina.
E c'è bisogno di nuove professionalità che sappiano districarsi nell'interazione tra nuovi media e media tradizionali. Il giornalismo scientifico può diventare uno dei settori più vitali del giornalismo dei prossimi anni, a patto che esca dai limiti del genere, inauguri nuove narrazioni e accetti le logiche dell'informazione in rete.

Penso che seguirò la seguente scaletta:

1. Il giornalismo scientifico è in crisi? E le sue difficoltà sono dovute alla rete?
2. Norme e convenzioni del giornalismo scientifico tradizionale
3. Difficoltà del giornalismo scientifico tra new e old media
4. Iniziative innovative
5. Il giornalismo scientifico dei prossimi anni tra "nuovo giornalismo" ed evoluzione dei rapporti tra scienza e società.

Punto 1.

Da un po' di tempo la crisi del giornalismo scientifico è diventata centrale nelle discussioni tra gli addetti ai lavori. Lo scorso anno è stata un argomento centrale della Sesta Conferenza Mondiale dei Giornalisti Scientifici tenutasi a luglio a Londra. Da alcuni la crisi è considerata un'opportunità per ripensare forme, modi e pratiche del giornalismo in generale. Per altri si tratta della fine di un genere specialistico che ha goduto di una certa fortuna nel mondo dell'informazione e che si sta inesorabilmente avviando verso la fine.

Alla Conferenza Mondiale dei giornalisti scientifici si è dibattuto molto dei trend nel reclutamento e nell'uso di specialisti dell'informazione su questioni scientifiche, mediche e tecnologiche. La percezione diffusa, soprattutto negli Stati Uniti, è che ci sia una drammatica riduzione dei posti di lavoro per i giornalisti scientifici nelle redazioni di quotidiani, magazine, radio e televisioni. Bisogna sottolineare che queste percezioni hanno bisogno di un'evidenza empirica. In ogni caso, è un tipo di discussione in linea coi dibattiti su una più generale crisi dell'industria e della professione giornalistica, in particolare di alcuni suoi prodotti classici, come la stampa quotidiana.
Non è un segreto che questa industria sta subendo un'emorragia occupazionale senza precedenti.
Il modello di business per giornalismo della carta stampata sta collassando per una combinazione di fattori: diminuizione della diffusione di copie e di lettori, recessione, calo delle inserzioni pubblicitarie. Questa tendenza è particolarmente significativa per i giornalisti specializzati. La scienza è considerata un argomento specialistico, di nicchia. Le pressioni economiche stanno forzando le organizzazioni mediatiche a ridurre il loro impegno nel trattare la scienza e a tagliare posti di lavoro con la motivazione di rifocalizzare le priorità attorno ad argomenti non-specialistici.
E' un approccio che considera l'informazione scientifica un bene di lusso che in tempi di crisi non ci si può permettere. E' un atteggiamento miope non solo perché non considera il ruolo che il giornalismo scientifico può e deve giocare nella ristrutturazione del giornalismo del futuro, ma di corto raggio anche da un punto di vista più pragmatico: le storie sul cambiamento climatico, la ricerca sulle cellule staminali, l'evoluzione, il bio-terrorismo, sono interessanti per i lettori e vendono.
Nelle discussioni sulla crisi del giornalismo scientifico, il colpevole è spesso individuato in Internet e nelle nuove tecnologie.

Credo che la rete ha causato una crisi occupazionale per i giornalisti scientifici tradizionali e ha messo in evidenza i limiti delle forme e delle convenzioni del giornalismo scientifico tradizionale. Si tratta di professionisti che hanno definito storicamente le loro pratiche di lavoro soprattutto nel mondo della carta stampata.

Da una parte, questa crisi non va confusa con una crisi generale della comunicazione della scienza, che è al contrario in una fase vitale e di grande sviluppo. Non c'è paragone, anche rispetto al recente passato, nelle modalità con cui, grazie alla rete, il mondo scientifico interagisce con un numero crescente di pubblici per ragioni, fra l'altro, molto più articolate di quelle tradizionalmente assegnate al giornalismo scientifico. E' un momento molto creativo e stimolante per il giornalismo scientifico. Più in generale, si stanno sperimentando e stanno emergendo nuovi metodi di produzione e validazione dell'informazione. Si stanno definendo nuove modalità con cui il giornalismo, incluso il giornalismo scientifico, costruisce la sua credibilità attraverso relazioni e negoziazioni inedite con le fonti produttrici degli eventi e con il pubblico di consumatori delle notizie. Nel caso del giornalismo scientifico, in queste negoziazioni differenti rispetto al passato, un ruolo cruciale e controverso lo giocano gli scienziati stessi.

Dall'altra parte, la crisi occupazionale della figura del giornalista scientifico nelle redazioni dei mezzi di comunicazione di massa non va sottovalutata. Perché, se è vero che alla diminuzione dei posti di lavoro full- time per i giornalisti scientifici nelle redazioni si associa la crescita di altri spazi di comunicazione scientifica, i nuovi attori subentrati non possono svolgere alcune delle funzioni centrali del giornalista.

venerdì 24 settembre 2010

Giornalismo dell'innovazione: una definizione

Secondo un report finlandese del 2007 dal titolo Innovation, Journalism and Future il giornalismo dell'innovazione deve combinare i metodi e gli approcci del giornalismo economico, tecnologico e scientifico, ma non solo.

Innovation journalism is the journalism of progress or change. It covers all Future Work of society, whether it is technological, social or artistic by nature. In reality, there is no technological change that is not
social and cultural at the same time. Future Work is a concept that refers to all those processes that explicitly try to define the future path of society.
(pg. 23)


La questione più interessante dal punto di vista teorico è se il giornalismo del futuro è il giornalismo dell'innovazione.

mercoledì 22 settembre 2010

La comunicazione della scienza è davvero una disciplina?

E' stato pubblicato ieri il numero di settembre di Jcom, la rivista di ricerca in comunicazione della scienza di cui sono direttore.

Segnalo il commentario dedicato allo statuto e al futuro della ricerca in comunicazione della scienza. Hanno contribuito alcuni tra i big internazionali del settore, tra cui Massimiano Bucchi, Brian Trench, Susanna Hornig Priest, Rick Holliman.

martedì 21 settembre 2010

Errori in prima pagina sull'Alzheimer: non convince il mea culpa del New York Times

Paul Reaburn sul Knight Science Journalism (KSJ) Tracker riporta le rettifiche del New York Times riguardo a un articolo scritto lo scorso agosto da Gina Kolata sull'attendibilità di un nuovo test predittivo dell'insorgenza dell'Alzheimer.
Kolata scriveva che il test "can be 100 percent accurate". Il Times ha segnalato recentemente le approssimazioni e gli errori contenuti nell'articolo. Secondo Reaburn in modo troppo soft. Bisognava esplicitamente dire che "The article was wrong when".

Al di là del merito è un caso interessante di come attraverso la rete la vita di un articolo si può allungare e permettere una sorta di peer-review a posteriori. Può essere una strada possibile per migliorare la qualità del giornalismo scientifico, come fa dal 2006 il KSJ Tracker, un servizio per giornalisti scientifici creato e finanziato dal Knight Science Journalism Fellowship Program al MIT.

venerdì 17 settembre 2010

Discussione a Milano su scienza e media

Questa sera a Milano presento Scienza e media ai tempi della globalizzazione.
L'appuntamento è per le 20 e 45 al Centro Comunitario Puecher in Via Dini,7.
Modera Gianna Milano e intervengono alcune docenti di scuole superiori.

giovedì 16 settembre 2010

Contraddizioni scientifiche su Nova

Elena Comelli su Nova in edicola oggi scrive un articolo sugli ultimi casi di frode scientifica e su come sta cambiando il mestiere dello scienziato. Intervista a Pietro Greco con riferimento al libro che abbiamo scritto assieme Scienza e media ai tempi della globalizzazione.

Call for papers su giornalismo scientifico e internet

Se qualcuno ha delle ricerche da presentare sul giornalismo scientifico nell'era digitale può partecipare a questa call:

‘Science Journalism in a Digital Age’
Special Issue of Journalism: Theory, Practice and Criticism
Guest Editor: Stuart Allan, Bournemouth University, UK

In taking science journalism as its focus, this special issue of Journalism will seek to contribute to current debates about the ways in which this important genre of reporting is being transformed by the changes ushered in by digital media.
Today it is readily apparent that precisely what counts as ‘science news’ is undergoing dramatic redefinition as the convergence of ‘old’ and ‘new’ media continues apace. The challenges facing the science journalist have always been formidable, of course, but the internet and associated digital technologies are bringing to bear new pressures and constraints – as well as creating fresh opportunities for innovation – deserving of our close attention. While the very future of science journalism is being called into question by some, others point to alternative approaches to science reporting that are flourishing online.
In exploring these concerns, this special issue’s agenda is informed by a sense of urgency. At a time when many news organizations are under intense financial pressure to trim or reduce expenditure on specialist, investigative reporting, it is all too often the case that science news is regarded as expendable. In the eyes of some, it is a luxury increasingly difficult to justify when other types of news will be more popular with audiences (and thus advertisers). CNN’s decision to cut its entire science, technology and environment news staff, for example, provoked widespread alarm when it was announced in 2008. Few commentators failed to note the irony that science issues – such as climate change, stem cell research, evolution and bio-terrorism – were proving sufficiently controversial to attract intense news coverage at the time.
Accordingly, a guiding theme of the special issue is that current assessments of the news media’s public responsibilities in a democracy can be enriched by inquiries into the changing nature of science journalism. Possible topics to be examined may include:
• The political economy of science journalism
• Journalists’ uses of digital technologies in science reporting
• Rethinking the news values of science coverage
• Scientists as news sources and the politics of expertise
• The framing of controversy in science stories
• The impact of blogging on science news
• Audience perceptions of science news on the web
• Science journalism and social networking
Prospective authors should submit an abstract of approximately 250 words by email to Stuart Allan (sallan@bournemouth.ac.uk). A selection of authors will be invited to submit a full paper according to the journal’s Notes for Contributors. Acceptance of the abstract does not guarantee publication, given that all papers will be subjected to peer review.
Timeline
Deadline for abstracts: 1 October, 2010; deadline for submission of articles: 31 December, 2010. Final revised papers due: March, 2011. Publication: Volume 12, No. 7
Stuart Allan’s science-related publications include Environmental Risks and the Media (co-edited, 2000), Media, Risk and Science (2002), and Nanotechnology, Risk and Communication (co-authored, 2009). Recent co-written journal articles have appeared in New Genetics and Society (2005), Science Communication (2005), Health, Risk & Society (2007), Public Understanding of Science (2009), and Journal of Risk Research (2010).

mercoledì 15 settembre 2010

Risorse sull'open access



Pubblicato il libro Transforming Scholarly Publishing through Open Access: A Bibliography. Ci sono più di 1.100 riferimenti bibliografici su articoli e libri che trattano il tema dell'open access da diversi punti di vista. Jcom, la rivista di cui sono direttore, ha 4 citazioni.

lunedì 13 settembre 2010

Noi non siamo mai stati antipsichiatri

Dal sito del Forum Salute Mentale un video in cui Franco Basaglia chiarisce in modo inequivocabile che quello successo a Trieste con il superamento definitivo del manicomio non ha mai avuto niente a che fare con l'antipsichiatria.


giovedì 9 settembre 2010

La tecnologia sui magazine italiani

Sull'ultimo numero del Public Understanding of Science Oscar Ricci ha pubblicato una ricerca riguardo a come viene rappresentata la tecnologia sui mensili di divulgazione scientifica Focus, Quark, T3, Jack ed Explora.

Emerge che le due cornici più frequenti sono: la tecnologia che ancora non c'è ma che lo stesso viene presentata come se fosse già disponibile sul mercato (cornice "vaporware"); la relazione che certe tecnologie hanno con altre tecnologie (la cornice "relationship between technologies").

La tecnologia è rappresentata sia in modo positivo che negativo. La copertura mediatica di questi mensili soffre di "orientalismo tecnologico", cioè è vista sempre come qualcosa che può essere contemporanemante pericolosa e terribile così come aprire le porte a un futuro meraviglioso.

In Cina c'è posto per i comunicatori della scienza

Entro il 2020 la Cina vuole raddoppiare il numero di professionisti impegnati a comunicare la scienza. La notizia è riportata su Scidev.net.
Colpiscono due cose:

1. I numeri. Entro il 2020 secondo il "2010-2020 China's Popular Science Talent Plan" bisogna raggiungere l'obiettivo di 4 (quattro) milioni di comunicatori scientifici.

2. Una forza emergente come la Cina punta non solo alla scienza e alla tecnologia per affermarsi come grande potenza dei prossimi anni, ma in modo strutturato e massiccio alla comunicazione.
Questi dati sono la migliore risposta concreta a chi accusa di fumosità e retorica il passaggio alla società della conoscenza e il ruolo decisivo dell'interconnessione tra ricerca, sviluppo e comunicazione nella riconfigurazione dei poteri del XXI secolo.

mercoledì 8 settembre 2010

Giornalismo scientifico: altre narrazioni sono possibili

Il giornalismo scientifico si è definito storicamente, soprattutto a partire dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, come quell'attività professionale che consiste nel riportare sui media le scoperte della scienza in un linguaggio comprensibile ai non-esperti.

Questo obiettivo ha determinato specifiche routine produttive: in primis la pratica di aspettare la pubblicazione del paper accreditato dalle riviste scientifiche attraverso il processo di peer-review prima di fare uscire la notizia su radio, giornali, televisioni.

Il contesto di produzione della conoscenza scientifica e le sue implicazioni etiche, politiche, sociali non fanno parte degli interessi del giornalismo scientifico tradizionale.

Alice Bell ha scritto un post interessante su un possibile giornalismo scientifico upstream. In sintesi bisogna parlare, dice Alice, non solo della "scienza pronta all'uso" ma anche della "scienza-in-azione", la scienza nel suo farsi.

Elementi della narrazione proposta da Alice: il laboratorio scientifico, e più in generale il contesto in cui si svolge l'azione di ricerca degli scienziati, è come un teatro; su questa scena gli scienziati "trovano interessante", "si meravigliano", "sono eccitati" da qualcosa e non, in modo anonimo, "hanno scoperto che", "stanno lavorando per". Puntare più al processo che al risultato, insomma.

Altro punto importante del post è mostrare non solo il lavoro degli scienziati nel suo farsi ma anche quello dei giornalisti scientifici. Bisogna usare il web per far capire al pubblico come il giornalista costruisce la notizia e come si modifica nel tempo la storia che sta raccontando attraverso anche la partecipazione dei lettori.

Il post di Alice ha ricevuto molti commenti e anche critiche. Al di là di alcune obiezioni condivisibili trovo la discussione interessante perché è un esempio concreto di perché e di come si debbano cercare nuove narrazioni per la scienza sui media. Il mantra dell'innovazione nell'informazione riguarda anche il giornalismo scientifico, a mio parere soprattutto il giornalismo scientifico.

La narrazione, insieme ai software, alle routine produttive, al design sono gli elementi di cui discutere. Attraverso la sperimentazione su tutti questi aspetti l'informazione su scienza e tecnologia deve trovare il suo ruolo da protagonista nel nuovo ecosistema della comunicazione.

lunedì 6 settembre 2010

Problemi di comunicazione sui terremoti in Italia

Secondo quanto riportato sui quotidiani italiani (qui e qui ad esempio) L'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) sta valutando l'opportunità di oscurare il sito dell'istituto e tutti i dati relativi ai sismi in Italia.

La ragione è evitare che essi vengano travisati, strumentalizzati e usati per creare paure ingiustificate. Tra i principali responsabili di allarmismi senza ragione ci sono i giornalisti alla ricerca di scoop. Molti i commenti in rete (si possono guardare i siti dei maggiori quotidiani italiani per averne un'idea) a quella che sembra una provocazione dei geologi italiani per bocca presidente dell'Ingv, Enzo Boschi.

L'affermazione di Boschi può essere compresa come una reazione a una situazione esasperata, dopo l'Aquila, soprattutto dal fatto che alcuni continuano a insistere che i terremoti possano essere previsti quando l'intera comunità scientifica internazionale afferma che attualmente non è così.

Ridurre la trasparenza e l'accesso ai dati non è certo la soluzione. Quello che sta accadendo sulla comunicazione in merito di terremoti in Italia è un esempio decisivo delle funzioni che può e deve assolvere un giornalismo scientifico qualificato e indipendente.

Il giornalismo scientifico è ancora troppo pensato come mera divulgazione e pochissimo come punto di snodo di conflitti e di rapporti di potere nella società della conoscenza. Bisogna pensare a nuove narrazioni del giornalismo scientifico per impedire che il bisogno informativo sul contesto di produzione della ricerca e sulle implicazioni etiche e sociali della scienza venga occupato da chi non è competente o ha degli interessi diversi dall'informazione.

giovedì 2 settembre 2010

Un progetto su scienza e twitter

La Science Communication Unit dell'Università del West England vuole esplorare lo stato dell'arte della comunicazione della scienza e del public engagement su questioni di scienza e tecnologia attraverso twitter. Quanto è usato lo strumento, da chi e da come?

Il progetto si chiama "Science in 140 Characters or Less: Public Engagement and the Twittersphere". A questo indirizzo si trova un questionario, che fa parte del progetto, scritto da Toby Shannon.

Si discute di giornalismo scientifico tra gli evoluzionisti italiani

Parte oggi a Milano il Quarto Congresso della Sibe, la Società Italiana di Biologia Evoluzionistica. Il programma è disponibile qui.

Domani mattina alle 11 discuto con Marco Ferrari e Telmo Pievani di comunicazione e giornalismo scientifico con un focus specifico sui temi dell'evoluzione.
Cercherò di dire che dietro le presunte tensioni tra scienziati e giornalisti si confrontano diverse visioni del rapporto tra scienza e società e che il giornalismo scientifico è un buon indicatore del ruolo che la scienza gioca nella società e dell'immagine che vuole dare di sé nei confronti dei non-esperti.

mercoledì 1 settembre 2010

Etichette contro il cattivo giornalismo

Tom Scott propone alcuni stickers per mettere in guardia i lettori dal cattivo giornalismo.
Ha pensato a degli avvisi, come quelli che si trovano nelle stazioni o nelle metropolitane, da attaccare sugli articoli.

Alcuni esempi:








Il file di tutti gli stickers è qui.

domenica 29 agosto 2010

La rete cambia il rito sacro della peer-review

Sul New York Times di qualche giorno fa si parla delle opportunità che i media digitali offrono agli accademici per superare i limiti della peer-review.
La discussione fa riferimento all'ambito umanistico ma è esportabile e confrontabile con quanto avviene nelle scienze sociali e in quelle naturali.

L'idea centrale è l'open-review. Nell'articolo vengono presentate una serie di iniziative editoriali costruite attraverso un allargamento del pool di revisori che commentano pubblicamente papers e capitoli di libri non pubblicati.
Il modello di riferimento è wikipedia applicato alla letteratura accademica. Le varianti sono molte, ma gli aspetti essenziali sono questi.

Nell'articolo del NYT si sostiene che stiamo assistendo a una delle più radicali trasformazioni nel modo in cui leggiamo, scriviamo e facciamo circolare la conoscenza fin dall'invenzione dei caratteri mobili.
Si dibatte sulla qualità e la spendibilità accademica della open-review. Mattew Nisbet sottolinea che l'open-review deve andare di pari passo con l'open-access.

Sono punti importanti ma che mostrano solo la punta dell'iceberg della difficoltà a superare il modello della peer-review. Le ragioni più profonde sono legate a mio modo di vedere ad almeno due considerazioni:

Prima questione: la peer-review è la pratica comunicativa attraverso la quale la conoscenza scientifica in particolare, e quella accademica in generale, si sono guadagnate un forte consenso sociale;

Seconda questione (legata alla prima): allargare il numero di persone che valutano un lavoro significa legittimare altri esperti (non accademici) a stabilire la qualità della conoscenza prodotta. E' un processo equivalente ad includere forme di conoscenza non ritenute attualmente "scientifiche". E' una procedura che contribuirebbe a spostare la linea di demarcazione fra conoscenza accreditata accademicamente e altre conoscenze, fra scienza e non-scienza. Questo confine è storicamente determinato e negoziato mediante processi di comunicazione.

Per questi motivi non credo basterà avere soluzioni tecnicamente disponibili per modificare un sistema che ha la funzione di selezionare la classe accademica e da cui derivano identità e riconoscimento sociale.

Il punto che mi preme sottolineare è che la rivoluzione digitale mostra in modo dirompente gli stretti rapporti tra produzione della conoscenza e comunicazione, anche in ambito scientifico.
E' un discorso che ci aiuta a capire meglio perché può essere molto utile, come suggerisce lo storico James Secord, leggere l'impresa scientifica anche come una particolare forma di azione comunicativa.

Su Jcom, la rivista di cui sono direttore, abbiamo dedicato un numero speciale alla scienza peer-to-peer lo scorso marzo. E' un tema legato alla discussione innescata dal NYT e alle procedure di inclusione, di esclusione, di definizione delle categorie di esperto legate alle pratiche comunicative.

venerdì 27 agosto 2010

Internet: narrazione o dissolvimento?

C'è un bellissimo articolo di Pino Longo nel numero di Giugno 2010 della rivista trimestrale di scienze e storia Prometeo su come l'Interazione uomo-Internet si riflette sull'attività narrativa dell'uomo.

Pino Longo, scrittore, teorico dell'informazione e saggista scientifico, sostiene che grazie alle tecnologie digitali la "narrazione riacquista quella che è preumibile fosse la sua multiformità ( o multimedialità) primitiva, a lungo imbrigliata nello stretto pertugio della parola. Non si tratta di rinunciare alla parola, del resto non potremmo, ma di allargare quel pertugio, recuperando, tra l'altro, le tante dimensioni non lineari del tempo. E' come si andasse verso una forma totale, inconcepibile e vertiginosa di teatro".

Questo possibile recupero di una dimensione multimediale della comunicazione non è però privo di problemi.

Longo si interroga soprattutto su quali sono le storie, i miti delle origini, le parabole che i "nativi digitali" possono costruirsi per narrarsi, per giustificare a se stessi la propria esistenza e per anticipare il proprio futuro.
In altre parole, se la necessità di narrare e farsi narrare storie è condivisa da ogni essere umano, ci accompagna dalla nascita alla morte e se questo infinito narrare ha lo scopo di costruire l'identità e il senso che attribuiamo al mondo, quali sono le conseguenze della bulimia comunicativa di cui è affetto il pubblico tecnologizzato su queste indispensabili funzioni del raccontare e del raccontarsi?

La risposta di Pino Longo lascia in realtà aperta la discussione : "I blog, i chat, i forum, le reti sociali e così via", conclude Longo, " sono i semi embrionali di un nuovo tipo di narrazione fondativa su cui possiamo solo congetturare, oppure uno sconclusionato e casuale rumore di fondo in cui si sta dissolvendo ogni residuo narrativo?"

Il futuro digitale dell'editoria passa per le riviste

Riprendo segnalando uno studio della Oliver Wyman realizzato per comprendere quali opportunità offre il digitale a editori, consumatori e pubblicitari.
Una sintesi dei risultati è disponibile in un articolo di Christian Rocca de Il Sole 24 Ore.

Il futuro previsto dalla ricerca, che fa riferimento al mercato degli Stati Uniti, non è negativo. I lettori sono disposti a pagare abbonamenti per riviste e magazine da leggere sugli ereader a patto che quest'ultime siano realmente interattive.
I lettori intervistati pagherebbero sia per la versione cartacea sia per quella digitale, a patto che siano complementari tra di loro.
Rispetto al mondo della sola carta le vendite potrebbero aumentare, da qui al 2014, fino al 50% per coloro che hanno già un abbonamento cartaceo e fino al 200% per chi non ha nessun abbonamento.
Gli editori devono essere disposti a sperimentare però, a innovare e ad allearsi.

sabato 31 luglio 2010

Vacanze

Fino alla fine del mese io e il blog ci prendiamo un po' di pausa.
Ci risentiamo dopo la pausa agostana. Buone ferie per chi le deve ancora fare e buon lavoro a chi rimane in ufficio, fabbrica, ecc.

giovedì 29 luglio 2010

Non chiamarmi terremoto

formicablu di Bologna insieme ad altri enti sta realizzando una docufiction su come ridurre l'impatto complessivo dei terremoti attraverso l'informazione. L'esperienza di riferimento è L'Aquila.

Hanno prodotto un trailer disponibile qui sotto. Per portare a termine il progetto servono fondi.
Le informazioni per capire meglio di cosa si tratta e su come contribuire sono qui.

Applicazione iPad per gestire paper di ricerca

martedì 27 luglio 2010

La diffusione dell'open access in uno studio globale

Un paper su cinque è liberamente disponibile in rete attualmente secondo uno studio pubblicato su Plos One.

E' il primo lavoro in cui si è cercato di capire l'impatto dell'open access in tutte le discipline. I dati si riferiscono agli articoli di ricerca pubblicati nel 2008.

Secondo i risultati, il 9% è disponibile nella modalità "d'oro", cioè le riviste rendono immediatamente accessibili a tutti i contenuti pubblicati. Circa il 13% si trovano invece nella modalità "verde" di accesso aperto, cioè sostanzialmente tramite l'auto-aurchiviazione da parte degli autori su pagine web personali o su un archivio istituzionale.

La scienza più "chiusa" è la chimica con solo il 13% dei paper liberamente accessibili, mentre le scienze della Terra, con il 33% di articoli disponibili a tutti, sono quelle più open.

lunedì 26 luglio 2010

Fare il comunicatore della scienza a Londra

Jo Brodie ha fatto un utile lavoro di sistemazione delle realtà che possono offrire un impiego ai professionisti della comunicazione scientifica in Inghilterra, soprattutto nella capitale e dintorni.
Molto utile da leggere anche per gli italiani che vogliono capire dove si può stimolare la domanda, quali sono i luoghi possibili per spendere la propria professionalità.

Cambia l'ecosistema dei blog scientifici

Con un post lunghissimo Bora Zikvovic lascia Scienceblogs.com
Già questa è una notizia, visto che Bora, oltre a essere uno dei pionieri del blogging scientifico, è stato sempre molto attivo ed entusiasta dell'iniziativa di Seed.

La decisione è maturata a seguito della decisione da parte di Scienceblogs di accettare un blog, Food Frontiers, finanziato con i soldi della Pepsi Cola.
A molti la scelta è risultata in assoluto contrasto con le esigenze di autonomia, indipendenza e credibilità di cui vogliono continuare a godere.

Bora insieme a tanti altri hanno deciso di lasciare la piattaforma che pure ha assicurato loro molta visibilità e traffico.

L'ultimo post di Bora su Scienceblogs è interessante anche perché ricostruisce la storia dell'iniziativa e descrive come sta evolvendo l'ecosistema dei blog scientifici.

giovedì 22 luglio 2010

mercoledì 21 luglio 2010

Mappe e circolazione della conoscenza spiegate con un bestseller

The Ghost Map by Steven Johnson from Book Videos on Vimeo.



Steven Johnson descrive in questo video come è nato The Ghost Map , un libro di qualche anno fa che sto leggendo. Il volume è stato un bestseller in America.

I temi condensati nella storia raccontata da Johnson sono:

-La circolazione della conoscenza è porosa. Anche la conoscenza medico-scientifica è il risultato di contributi reticolari, più simile a una rete (alla Rete) che a una piramide in cui il sapere viene costruito da un'elité e poi si muove verso "il basso";

-La conoscenza è una "proprietà emergente", risultato di un processo dal basso verso l'alto di piccoli elementi interconnessi che danno vita a sistemi complessi;

-Nella vita quotidiana si affrontano continuamente questioni scientifiche;

-Le idee giuste non si affermano semplicemente perché sono giuste. Quelle sbagliate possono resistere a lungo per ragioni culturali;

-Come funziona il modo di conoscere "scientifico";

In sintesi, Johnson attraverso un episodio storico raccontato brillantemente vuole farci capire come si costruisce la conoscenza in determinati contesti storico-culturali, come la conoscenza medico-scientifica cerca di acquistare credibilità e quale ruolo ha il "sistema di comunicazione" (reti, strumenti, attori).

Nuove possibili cornici mediatiche per i cambiamenti climatici

Mattew Nisbet presenta in un post del suo blog Framing Science i risultati di una ricerca condotta con Ed Maibach a altri studiosi sulla seguente questione: è possibile che l'opinione pubblica maturi dei convincimenti diversi rispetto ai temi del riscaldamento globale se il problema viene inserito nella cornice della salute?

Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista BCM Public Health ed è disponibile qui.
Secondo Nisbet e colleghi anche gli americani scettici o disinteressati rispetto ai cambiamenti climatici reagiscono positivamente se il problema è presentato in modo che siano più chiare le conseguenze sanitarie.
I ricercatori sono convinti che questa cornice è utile potenzialmente per favorire il coinvolgimento pubblico sui temi del global warming.

Nisbet è uno dei maggiori esperti in circolazione a proposito delle cornici di significato entro le quali si dibattono questioni di policy legate alla scienza, tra queste la loro ricorrenza.
Come si può vedere dalla tabella sottostante, nel caso dei cambiamenti climatici "lo sviluppo economico e la competitività" e l' "etica e la morale" sono quelle che mantengono tradizionalmente il maggiore valore comunicativo.
La salute non compare anche se, stando ai risultati dello studio di Nisbet, sarebbe una strada proficua per migliorare comprensione e partecipazione.


martedì 20 luglio 2010

L'Internet delle Cose in un video IBM

Il giornalista tecnologico Marshall Kirkpatrick dice che bisogna discutere delle questioni di privacy legate all'Internet delle Cose (Internet of Things).

Nello stesso post un video della IBM che spiega in modo accessibile di cosa stiamo parlando.

lunedì 19 luglio 2010

La comunicazione della scienza per lo sviluppo

Un editoriale di David Dickson, direttore di Scidev.net, sottolinea che aiutare i paesi in via di sviluppo a comunicare e a usare la scienza è essenziale per gli aiuti internazionali e la diplomazia.

Il pezzo di Dickson offre spunti utili per intravedere le possibilità di sviluppo del giornalismo scientifico in latitudini diverse dalla nostre. Scrive Dickson:

"And that again underlines the importance of science communication. The key word here is 'inform'. Informing policy decisions means ensuring that all stakeholders have access to relevant scientific information, in a form they can easily understand — in other words, to well-communicated science."


SciDev.Net: Science communication for development from SciDev.Net on Vimeo.

giovedì 15 luglio 2010

Schizofrenia uguale pericolo per i giornali italiani

Attraverso il sito del Forum Salute Mentale segnalo una ricerca che sta per essere pubblicata sulla rivista Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology su come i giornali italiani usano la parola schizofrenia.

I risultati della ricerca evidenziano che i media della carta stampata, ma credo i media in generale, equiparano il termine che fa riferimento al disturbo mentale a violenza, inaffidabilità e imprevedibilità.

Abbiamo bisogno di una comunicazione che ribalti questi pregiudizi, che dica la possibilità di guarire, rimontare, riprendersi, che dica la diversità dei modelli teorici disponibili, che dica la possibilità di continuare a vivere, costruire e coltivare relazioni nonostante la diagnosi di schizofrenia.
Abbiamo bisogno di una comunicazione più ottimistica attorno alle complesse questioni della salute mentale.

mercoledì 14 luglio 2010

E' il momento migliore per essere giornalisti



Il nuovo libro di Sergio Maistrello è un modo accessibile e documentato per capire cosa sta succedendo al giornalismo sotto la spinta dei social network e della cultura digitale.

Maistrello ha fatto uno sforzo pedagogico ben riuscito. Anche un lettore che non vive necessariamente a suo agio nella rete e che magari è un po' scettico sulle nuove forme di giornalismo nel mondo di Internet, sarà costretto ad ammettere che sta succedendo qualcosa di importante.

Il giornalista pordenonese fa rivivere i momenti più salienti del rapporto fra informazione Internet: una storia già ricca di grandi aspettative e successi, così come di fallimenti.

Alla fine Maistrello ci convince che in realtà è un momento entusiasmante per il giornalismo. A patto che si abbia il coraggio di sperimentare. A patto che si abbia l'umiltà di percepirsi e agire come nuovi artigiani dell'informazione.

In questa epoca, chi vuole fare informazione è simile a un esploratore di nuovi mondi: deve avere determinazione, curiosità e un po' di arroganza nel ritenere che ci si può addentrare in una foresta e uscirne con una mappa chiara, ma allo stesso deve avere l'umiltà di ammettere che la mappa non è il territorio, che a ogni sguardo corrisponde una mappa differente e che la mappa è frutto di conflitti, forze e poteri.

Il libro di Sergio Maistrello ci dice molto bene a che punto siamo dell'esplorazione.

martedì 13 luglio 2010

Gli europei non partecipano alle discussioni su scienza e tecnologia

Tra i risultati dell'ultimo Eurobarometro speciale intitolato Science and Technology pubblicato a Giugno 2010, colpisce che il 91% degli europei dichiara di non aver mai o quasi mai partecipato a dibattiti o incontri pubblici su questioni riguardanti l'impatto sociale della ricerca scientifica e dell'innovazione tecnologica.

Che dire? Sembra che l'epoca del dialogo, del coinvolgimento e della partecipazione sia per il momento solo nella retorica dei documenti governativi e sovranazionali riguardanti il rapporto tra scienza e società.

C'è spazio per chi vuole comunicare la scienza nella dimensione politico-sociale, ma bisogna sperimentare, innovare, fare ricerca e studiare modalità diverse per entrare in contatto con i pubblici della scienza.

Il rischio è altrimenti quello visto a Esof 2010 qualche giorno fa: buona organizzazione, qualche contenuto d'eccellenza, ma predicazione ai convertiti.

Altri risultati dell'Eurobarometro Science and Technology, tratti dall'Executive Summary:

-il 30% degli europei è molto interessato alle nuove scoperte scientifiche e agli sviluppi tecnologici;
-solo l'11% si ritiene ben informato sulle scoperte scientifiche e gli sviluppi tecnologici;
-i cittadini del vecchio continente credono che gli scienziati debbano decidere sugli sviluppi della scienza ma che il pubblico debba essere consultato. Inoltre pensano che gli scienziati dovrebbero comunicare quello che fanno ma non sono molto bravi a svolgere questo compito.

sabato 10 luglio 2010

La Kaufmann Foundation per l'innovazione



"La scoperta consiste nel vedere ciò che tutti hanno visto e nel pensare ciò che nessuno ha pensato".
E' la frase di copertina del KAUFFMAN Thoughtbook 2009 dedicato all'innovazione.
La Kauffman Foundation si interessa principalmente di due cose: l'educazione e l'impresa. L'educazione fornisce alle persone la capcità di innovare. L'impresa è il processo grazie al quale l'innovazione prende forma e diventa utile socialmente.

Nel libro si trovano saggi di politici, scienziati, economisti, analisti di alto livello tutti a confronto sul tema dell'innovazione.

Tra gli articoli ce n'è uno che pone una questione importante sul mestiere dello scienziato dei prossimi decenni. Facciamo grandi sforzi per rendere spendibili dal mercato i risultati della ricerca, recita l'articolo, ma chi ci dice che i ricercatori stiano lavorando ai progetti "giusti"? Su cos'è giusto la discussione è aperta.

E' importante dire che nella visione della Kaufmann Foundation la società è costituita da individui economicamente indipendenti che sono cittadini coinvolti e attivi che contribuiscono al miglioramento delle comunità di appartenenza.

I saggi del libro sono da leggere e da approfondire. Si preoccupano di delineare il futuro del capitalismo e della nostra capacità di risolvere problemi complessi. La scienza e la tecnologia hanno un ruolo prioritario.
Per alcuni estratti si può andare qui.

venerdì 9 luglio 2010

Il ricercatore del XXI secolo? Lavori in corso

"L'identità dello scienziato moderno è, in qualunque senso possibile, un work in progress", scrive Steven Shapin.
Come definiscono i ricercatori contemporanei il loro lavoro e le loro funzioni? Cosa c'è in comune col passato e cos'è nuovo nel mestiere dello scienziato?
Shapin ha da poco pubblicato Never Pure, un libro in cui esamina i cambiamenti nella figura e nelle funzioni degli scienziati.
Nel suo articolo su Seed uscito oggi riprende in modo sintetico le tesi del volume attraverso una prospettiva storico-sociologica dei rapporti tra scienza e società.
Nella società della conoscenza, l'opinione pubblica, a detta di Shapin, apprezza sempre di più l'identificazione fra gli scopi della scienza e quelli del business e dell'impresa privata.
Se ha ragione, e casi come quello di Craig Venter sono una prova a suo favore, il cambiamento rispetto allo scienziato che fa ricerca per amore della verità e della conoscenza, non è da poco.
Non mancano i rischi. Due su tutti: non si fa più ricerca su questioni ritenute poco utili; c'è una progressiva perdita di credibilità dell'autonomia e dell'integrità della scienza.
La questione è però aperta: qualcosa di profondo sta cambiando e cambierà ma non si sa bene ancora verso cosa.

giovedì 8 luglio 2010

Di ritorno da Esof

L'impressione generale su Esof 2010 a Torino è che si sia trattato di un grande sforzo di comunicazione istituzionale della ricerca europea.
A metà tra una fiera e un Festival della scienza, anche se promette altro. Promette per esempio dialogo fra scienza e società. Le strategie per implementare l'interazione tra ricercatori e cittadini non vanno oltre iniziative classiche, più ludiche che di vera discussione e coinvolgimento.
Interventi di rilievo che ho seguito: Sheila Jasanoff con una relazione ambiziosa sul futuro dell'umanità. Con un titolo così la speaker doveva essere forse un po' più vitale ed energica.
Molto apprezzato, a sentire dai commenti, l'intervento di Elena Cattaneo. A me è sembrata una cosa sincera di chi ama la ricerca, ma non condivido l'entusiasmo. Nella migliore delle ipotesi era un talk che predicava ai convertiti.

giovedì 1 luglio 2010

Come formare gli scienziati alla comunicazione: Esof 2010

Al via a partire da domani la kermesse sulla scienza europea Esof 2010. Con Elisabetta Tola, Steven Miller e Brian Trench discutiamo sabato alle 14 e 15 nella room Roma al Lingotto sulla formazione in comunicazione per gli scienziati.

Elisabetta Tola parlerà di alcune esperienze didattiche condotte in enti di ricerca italiani con la sua agenzia formicablu di Bologna. Metterà in evidenza che gli scienziati hanno bisogno di maggiore autoriflessività sulle pratiche di comunicazione.
Il talk di Steven Miller è "Europe and the challenges for science communication training".
Brian Trench si soffermerà sugli aspetti teorici e pratici di cui ha bisogno uno scienziato per interagire coi media.

I punti fermi sono:

1. Non è più in discussione la necessità di comunicare da parte dei scienziati. Il problema è casomai capire qual è la strategia formativa più adatta ai bisogni e al tempo che i ricercatori possono dedicare alla comunicazione;

2. La soluzione non è una cassetta degli attrezzi pronta all'uso. I manuali sono utili, ma non bastano. Gli scienziati devono acquisire competenze relazionali, sociali e culturali migliori, con diversi attori sociali. La società della conoscenza richiede la formazione di nuove generazioni di scienziati in grado di comprendere le dinamiche dei rapporti tra scienza e società e l'evoluzione dell'ecosistema dell'informazione.

martedì 29 giugno 2010

Expertise e autismo

A partire da un articolo del Columbia Journalism Review sulla crisi dell'expertise nel giornalismo segnalo un'iniziativa controversa sull'autismo.
"L'autismo è reversibile" recita un video del movimento Generation Rescue.



Non c'è nessuna conferma scientifica di quanto sostenuto dagli attivisti di Generation Rescue. Controargomentazioni efficaci si possono trovare su Orac.

Voglio sottolineare tre punti:

1. Sia Generation Rescue che Orac si autoproclamano esperti su questioni in cui è coinvolta la scienza e rifiutano mediatori, vogliono parlare direttamente al pubblico.

2. Sta nascendo un movimento di pazienti e familiari autistici che rifiuta, contesta o accetta parzialmente le spiegazioni scientifiche e rivendica diritti. David Wolman ne aveva parlato su Wired con un articolo entrato nel The Best American Science Writing 2009.

3. Al centro della comunicazione degli utenti c'è la narrazione, la storia personale, il contesto ambientale.

sabato 26 giugno 2010

La notte è un teatro ampio



C'è una promessa nel libro di Barbara Grubissa fatta all'indomani del suicido di sua madre, circa tre anni fa: non abbandonare mai la poesia.
Nel racconto in versi dispiegato in vari episodi della vita dell'autrice, vive l'esigenza di comunicare il rapporto con la malattia mentale attraverso il "linguaggio primordiale, univoco, completamente razionale" della poesia.
Il risultato, un libro di circa sessanta pagine scritte in triestino con traduzione in italiano, si rivolge in modo esplicito agli psichiatri, perché capiscano in profondità che la vita di una persona non si racchiude in una diagnosi. Perché ascoltino il racconto di una figlia per la quale l'adolescenza coincide con la "scoperta" della malattia mentale in casa propria.
Il trattamento sanitario obbligatorio (Tso), subito dalla madre di Barbara per diversi anni, è il nucleo attorno al quale ruota la costruzione dell'impegno poetico. "Atto di barbarie" ma anche rimedio "salvifico" nell'esperienza dell'autrice, il Tso è l'espediente attraverso cui mostrare il vero, lo sporco, le notti insonni eppure l'amore, la responsabilità, il rispetto dei diritti a cui ci richiama l'incerta ricerca della salute mentale.
Come controcanto ai discorsi sui dispositivi giuridici e alle dispute scientifiche, Barbara con i suoi versi ci apre alle ampiezze della notte, ai suoi fantasmi, ai dettagli del territorio, ai movimenti lenti e sofferti, alla fatica di compiere anche pochi chilometri, da Trieste a Monfalcone, se quei chilometri significano infine fare i conti col mistero della propria esistenza.
La salute mentale si può ricomporre o frantumare per episodi apparentemente minimi, all'interno di logiche temporali non-lineari. La poesia di Barbara Grubissa svela l'inganno delle facili comunicazioni, dei veloci spostamenti, della pericolosa banalità di definizioni universalistiche. Son Stufadiza (edizioni KappaVu, Aprile 2010) è il suo primo libro di poesia. Speriamo che l'autrice mantenga la promessa di non smettere.

venerdì 25 giugno 2010

You Tube e il futuro del giornalismo partecipativo

Via Social Times una nuova piattaforma per il giornalismo partecipativo, You Tube Direct. Sotto, un video per capire come funziona

Informazione scientifica: poco soddisfatti i cittadini europei

Secondo un nuovo report dell'Eurobarometro su scienza e tecnologia pubblicato in questi giorni, circa l'80% dei cittadini europei è interessato alle scoperte scientifiche e agli sviluppi tecnologici, rispetto a un 65% interessato allo sport. Più del 70% degli europei vuole che la ricerca del vecchio continente sia maggiormente finanziata in futuro. Circa il 60% pensa che gli scienziati dovrebbero sforzarsi maggiormente per comunicare il proprio lavoro e il 65% sostiene che i governi dovrebbero fare di più per stimolare i giovani a interessarsi di tematiche scientifiche. Solo il 10% ritiene di essere ben informato sugli sviluppi della ricerca scientifica e dell'innovazione tecnologica.

Una versione sintetica dei risultati è all'indirizzo http://tinyurl.com/2bnsxnt

C'è interesse per la scienza e la tecnologia. C'è voglia di essere informati di più e meglio.
Per chi vuole fare professionalmente comunicazione della scienza è il tempo giusto per sperimentare, per essere creativi, per rischiare.

mercoledì 23 giugno 2010

Sempre connessi: scetticismi



Naomi Baron ha scritto un libro su come Internet e i telefono cellulari stanno modificando le nostre relazioni sociali e la scrittura. Le interessa capire i cambiamenti dovuti alla nostra condizione molto recente di vivere costantemente, almeno in linea di principio, connessi.

Si sta bene in questa condizione? Secondo l'autrice per il momento non tanto e forse anche in futuro non ci adatteremo a vivere continuamente tra sms, chat e social network.


Su una linea ancora più luddista Nicholas Carr con The Shallows: What the Intrnet is Doing to Our Brains. L'autore, già noto per "Is Google Making Us Studpi?" ritorna sugli stessi argomenti e sostiene che vivere continuamente on-line riduce la nostra capacità di seguire argomentazioni complicate o la capacità di concentrarci per lunghi periodi di tempo.

Dentro e fuori i confini


Oggi, al convegno Impazzire si può, in corso in questi giorni a Trieste, presento il libro A distanza d'offesa curato da Antonio Esposito e Luigia Melillo.

Tra i temi la diversità, il confine, l'Altro, il disagio e la paura che si traducono in esclusione, razzismo, pregiudizio. Perché abbiamo bisogno di mettere una distanza? Come si costruisce l'alterità incommensurabile? Quali sono i percorsi storici, politici e culturali che ci portano a escludere le persone sulla base di un'etichetta? In un'ultima istanza come si costruisce la violenza mascherata da sicurezza?

venerdì 18 giugno 2010

Come formare comunicatori della scienza: interdisciplinarietà

Cosa bisogna insegnare a chi vuole fare professionalmente comunicazione della scienza?
E' un po' che si discute il problema e la risposta non è univoca. In scuole e paesi diversi le risposte sono differenti e cambiano a seconda di bisogni degli studenti, dei background dei docenti e delle visioni del rapporto tra scienza e società.

Tra le iniziative più aggiornate in ambito formativo di respiro internazionale c'è il progetto Esconet e, più focalizzato sulla realtà americana, un curriculum sperimentale dell'Arkansas State University (Pearce et al, An Interdisciplinary Approach to Science Communication Education, Communicating Science, Routledge, 2010: 235-252)

Questi ultimi due esempi sono focalizzati sugli insegnamenti da fornire agli scienziati che vogliono interagire con i media e costruire relazioni sociali e culturali migliori con diversi attori sociali.

Pur nelle diversità di approcci, tutti sono d'accordo su un concetto: la formazione in comunicazione della scienza si deve basare su un approccio interdisciplinare. Nella visione tradizionale, per nulla tramontata, l'obiettivo della formazione è avere professionisti che predicano ai convertiti, ai fan della scienza, attraverso l'acquisizione di competenze tecniche specifiche.

La società della conoscenza richiede viceversa la nascita di figure intellettuali in grado di abbracciare: le varie dimensioni della scienza; le relazioni nuove tra scienza e società; l'evoluzione dell'ecosistema dell'informazione.
Abbiamo bisogno di un comunicatore totale della scienza (denominazione inventata da Pietro Greco).
Le scuole di comunicazione della scienza nel mondo sembra che si stiano attrezzando per fornire il giusto mix di interdisciplinarietà per rispondere a questa esigenza.

Chi sono i comunicatori della scienza in Danimarca

Uno studio che sta per essere pubblicato su Jcom, la rivista di ricerca in comunicazione della scienza di cui sono direttore, si chiede come i professionisti della comunicazione scientifica in Danimarca percepiscano il proprio ruolo e che immagine abbiano della scienza.

Non ci sono molte analisi di questo tipo. Uno studio del 2003 (Science Communication: A Contemporary Definition, T. W. Burns, D. J. O'Connor, S. M. Stocklmayer, Public Understanding of Science, Vol. 12, 2, pp. 183-202) li aveva definiti "guide di montagna". E' una denominazione riduttiva che riflette l'idea secondo cui la comunicazione della scienza fatta dai professionisti ha l'unica funzione di portare il pubblico a essere dalla parte della scienza. Attraverso il rude modello deficitario, o mediante una procedura più soft, mascherata da dialogo.

Secondo i risultati dell'indagine danese, i comunicatori della scienza non si percepiscono come le guide di un pubblico alla ricerca di una maggiore comprensione della conoscenza scientifica. Non sorprende, ma è importante che ci siano dei dati per confermarlo.

I comunicatori della scienza credono di giocare un ruolo più interessante, che ha a che fare con l'inclusione delle scienze in un più ampio contesto democratico e sociale. Credono di contribuire a fornire una pecezione più accurata delle dinamiche tra scienza, tecnologia e società.

giovedì 17 giugno 2010

Criteri di valutazione della scienza: discussione su Nature

Nature lancia uno speciale su come evolvono i sistemi di valutazione del lavoro degli scienziati.

Ricercatori e amministratori percepiscono in modo diverso l'uso delle metriche.

Secondo gli scienziati, quando si tratta di assunzioni e promozioni, viene data troppa importanza ai numeri, all'impact factor, alle citazioni. Non verrebbero presi in considerazione altri aspetti meno quantificabili della vita accademica, come seguire gli studenti, organizzare meeting, scrivere richieste di finanziamento, svolgere attività editoriali, insegnare e servire la comunità in altri modi.

Al di là dei meccanismi di valutazione l'editoriale di Nature che lancia lo speciale fa appello alla trasparenza: i criteri di giudizio devono essere chiari, aperti, accessibili.

mercoledì 16 giugno 2010

Liste di libri - libri di liste

Per gli amanti di cataloghi, libri, biblioteche. Liste strane, divertenti, erudite nell'opera di George M. Eberhart The Librarian's Book of Lists

Cambiamenti climatici, media e percezione pubblica: nuovi studi

Riassumo una discussione dalla mailing list del PSCI-COM su nuove indagini riguardanti global warming, media e percezione pubblica.

Secondo il report dell'Università di Cardiff Public perceptions of climate change and energy futures in Britain solo il 24% delle persone è d'accordo sul fatto che il cambiamento climatico è causato dalle attività dell'uomo.

Un altro studio della Standford University si domanda, fra le altre cose, se la fiducia negli scienziati sia stata incrinata a causa del Climategate. Sembra di no. Solo il 9% del pubblico americano ritiene che non ci si debba fidare delle affermazioni dei climatologi.

I norvegesi intanto credono nella scienza, ma non ritengono più che l'influenza umana sui cambiamenti climatici sia un priorità.

Secondo un'altra indagine americana, l' 81% tra il pubblico ritiene che gli scienziati siano attendibili come fonti di informazione sul global warming.

Alcuni contestano la metodologia di questi studi e sottolineano la difficoltà a cogliere la natura multidimensionale del concetto di fiducia. Altri paventano conflitti d'interesse.

domenica 13 giugno 2010

Mentre dormi

Una concessione personale. Oggi mio figlio Matteo compie tre anni. Gli dedico questo video di Max Gazzè, colonna sonora del film Basilicata coast to coast.

venerdì 11 giugno 2010

Fare per guarire

Cosa significa guarire dal disagio psicofisico? Cos'è un percorso di recovery?
Secondo Silva Bon, presidente dell'associazione volontaria di donne Luna e L'altra di Trieste, la guarigione è un progetto di vita.

La guarigione è

"una linea mobile, che avanza costantemente innanzi a noi, che ci sembra di toccare come la meta di un traguardo, ed invece, oltrepassata la soglia, ci accorgiamo che c’è dello spazio incognito ancora davanti, ancora oltre…

La guarigione diventa allora un progetto di vita.

Solo riuscendo ad interiorizzare la metodologia del “fare”, del fare per noi stessi in primo luogo, del fare per chi amiamo, del fare per chi ci sta vicino, riusciremo a costruire regole di vita che alla fine diventano proponibili, ferme dentro di noi, da ultimo necessarie, ma soprattutto utili per la nostra crescita, per il nostro andare verso il benessere."

Lezioni di giornalismo scientifico in rete

Legge bavaglio

"Perché il regime avrebbe chiuso ogni canale di comunicazione al di fuori del suo controllo se la censura non fosse stata l'essenza della perpetuazione del suo potere? Perché i Ministeri dell'Istruzione, allora come adesso, continuano a commissionare manuali di storia e, in alcuni paesi, decidono persino quali dei (solo quelli autentici) si debbano omaggiare nell'aula scolastica? Perché gli studenti dovettero lottare per la libertà di parola; i sindacati per il diritto a diffondere informazioni sul lavoro in azienda; le donne per creare librerie per le donne; i dissidenti sovietici per distribuire la letteratura dei samizdat; perché gli afroamericani negli USA e i popoli colonizzati in tutto il mondo hanno dovuto lottare perché gli fosse concesso di leggere?
Quello che sentivo allora, e che penso adesso, è che il potere è basato sul controllo della comunicazione e dell'informazione, sia che si tratti del macropotere dello stato e delle corporation dei media, o del micropotere di organizzazioni di ogni sorta. E così, la mia lotta per la comunicazione libera, nel blog d'inchiostro viola dell'epoca, era davvero un atto di sfida, e i fascisti, dal loro punto di vista, avevano ragione a cercare di prenderci e rinchiuderci, così da bloccare i canali che collegavano le menti individuali e la mente pubblica. Il potere è più che comunicazione, e la comunicazione eccede il potere. Ma il potere si fonda sul controllo della comunicazione, come il contropotere dipende dall'infrangere quel controllo. E la comunicazione di massa, la comunicazione che potenzialmente raggiunge l'intera società, è modellata e governata da relazioni di potere, radicate nel business dei media e nella politica dello stato.
Il potere della comunicazione sta al cuore della struttura e della dinamica della società."

Manuel Castells, Comunicazione e potere, Università Bocconi Editore, 2009, pp. xix-xx