giovedì 30 settembre 2010

Scienza e giornalismo partecipativo al Festival di Internazionale (4) e (5)

Chiudo lo svolgimento della scaletta relativa all'intervento ormai imminente che farò alla tavola rotonda su Scienza e giornalismo partecipativo in occasione del Festival di internazionale a Ferrara (1-3 ottobre). Le altre puntate sono qui, qui e qui.

La scaletta è:

1. Il giornalismo scientifico è in crisi? E le sue difficoltà sono dovute alla rete?
2. Norme e convenzioni del giornalismo scientifico tradizionale
3. Difficoltà del giornalismo scientifico tra new e old media
4. Iniziative innovative
5. Il giornalismo scientifico dei prossimi anni tra "nuovo giornalismo" ed evoluzione dei rapporti tra scienza e società.

Punto 4. Iniziative innovative

-Gli scienziati-blogger

I blog dedicati a scienza e medicina sono aumentati notevolmente negli ultimi anni. L'esperienza più interessante è costituita dalla piattaforma del “Seed Media Group”, “ScienceBlogs.com”, lanciata nel 2006 per facilitare l’interazione tra ricercatori e altre comunità di scrittori di scienza.
Alcuni studiosi ritengono che le caratteristiche dei blog rendano questo strumento particolarmente adatto al dialogo nella comunicazione della scienza. I blogger scientifici di successo descrivono le loro scoperte come uno straordinario e impellente viaggio intellettuale durante il quale vogliono condividere con altri l’incertezza e le difficoltà delle battaglie cognitive che stanno affrontando. Tutto ciò si addice molto bene alla quotidianità della ricerca. I blog scientifici non ci dicono tanto sulla “scienza pronta all’uso”, ma ci permettono di mettere le mani in pasta nelle discussioni nei laboratori in presa diretta.
Le polemiche tra scienziati-blogger e giornalisti scientifici riproducono quelle simili ad altri ambiti del giornalismo: si discute sulla possibilità, capacità e legittimità da parte degli scienziati di fare a meno, grazie al web, di mediatori.
Lo stesso accade per i progetti in rete grazie ai quali gli scienziati e le istituzioni scientifiche possono
raggiungere direttamente i lettori, a cui raccontano in prima persona i dettagli del proprio lavoro contrapponendosi così all’informazione scientifica sempre meno indipendente veicolata dai mass media tradizionali.

-Iniziative in cui si confonde la linea di demarcazione fra giornalismo e PR

Un progetto che sta suscitando un vivace dibattito negli ultimi tempi è il sito “Futurity.org” presentato come la soluzione al declino subito dal giornalismo scientifico nei tradizionali sbocchi mediatici dell’informazione. Il sito è un aggregatore di comunicati stampa prodotti da differenti centri di ricerca americani. A differenza di iniziative simili già esistenti, come “EurekaAlert” dell’AAAS, la presentazione dei contenuti è realizzata con l’ausilio di immagini accattivanti e seguendo logiche giornalistiche.
I critici di “Futurity.org” sostengono che il sito mischia le carte tra la comunicazione istituzionale, le pubbliche relazioni e il giornalismo vero e proprio. I suoi sostenitori ritengono che favorire la comunicazione diretta degli scienziati attraverso il web e ridurre il numero dei passaggi intermedi è un fatto molto positivo perché permette finalmente la trasmissione delle “verità” della natura.
La discussione suscitata da “Futurity.org” indica una direzione interessante da esplorare: quella di verificare se i giornalisti “divulgatori” e pro-science troveranno una nuova collocazione come comunicatori istituzionali. La rete potrebbe selezionare coloro i quali credono che la loro funzione informativa consista nel riportare il più correttamente possibile le scoperte della scienza da chi ha un atteggiamento più critico e più conforme all’autonomia del giornalismo.
L’esempio di “Futurity.org” è interessante anche perchè dimostra che le istituzioni scientifiche sono disposte a investire in attività di comunicazione diretta con il pubblico attraverso Internet. Se il progetto funziona, è possibile che siano disposte a farlo anche per impiegare persone con background, competenze e convinzioni cratteristiche del giornalista scientifico “embedded”.
“Futurity.org “è interessante infine per i nostri scopi anche per un altro motivo. La discussione attorno alle funzioni di questo sito ripropone infatti delle questioni tradizionali: il tema dell’accuratezza con cui vanno riportate le notizie di scienza, la discussione su chi è più legittimato a parlare di scienza al pubblico dei non-esperti, l’idea che ci sia una coincidenza fra comunicazione della scienza e comprensione e apprezzamento pubblico della scienza. Il tutto si svolge nella cornice dei nuovi media.
I presupposti generali rimangono quindi quelli del modello di deficit, anche se sono arricchiti da considerazioni caratteristiche del contesto attuale della comunicazione della scienza, come la relazione confusa tra professionisti delle pubbliche relazioni, giornalisti che fanno sempre meno il lavoro di cronisti e sempre più quello di desk e scienziati che vogliono interagire direttamente con i pubblici grazie ai nuovi media. Sarà interessante capire se con Internet gli esiti degli sforzi nell’ottica diffusionista saranno diversi da quelli avuti con media tradizionali.

-Giornalismo scientifico dei non-esperti

Abbiamo descritto dei casi che riguardano soprattutto gli scienziati e i giornalisti, ma la possibilità di influenzare il dibattito pubblico sulla scienza attraverso la produzione di informazione che non arriva da fonti tradizionali riguarda molti altri attori, come le case farmaceutiche, le associazioni non governative, i gruppi ambientalisti. In tal senso esistono già diversi progetti consolidati. Ci sono progetti di successo in ambito sanitario in cui attraverso il web 2.0 pazienti, medici, infermieri, assistenti sociali, sono invitati a raccontare le loro esperienze in rete con l’obiettivo di sensibilizzare il grande pubblico, coinvolgere più utenti nell’attività di ricerca, aiutare le famiglie a trovare assieme soluzioni alla fatica del rapporto quotidiano con i propri cari affetti da disturbi. Il principio guida di questi progetti va al di là di un coinvolgimento attivo o passivo: è richiesta una vera e propria partecipazione basata sul riconoscimento e rispetto reciproco dei diversi saperi, esperienze e competenze.

Detto questo, quali sono i possibili scenari che si aprono per il giornalismo scientifico dei prossimi anni?
Affronto la questione nel punto 5 della scaletta.

5. Il giornalismo scientifico dei prossimi anni tra "nuovo giornalismo" ed evoluzione dei rapporti tra scienza e società.

La conclusione è che non c'è più un accordo condiviso sulla definizione di giornalismo scientifico. Due grosse scosse telluriche hanno fatto franare il terreno su cui si poggiavano storicamente le norme e le convenzioni di questa specializzazione giornalistica: una è stata l'emergere di un nuovo ecosistema della comunicazione, problema che riguarda tutto il giornalismo; la seconda il modificarsi dei rapporti tra scienza e società.

Come conseguenza della nascita di un'ecosistema mediatico nuovo, è diventato confuso rispetto al passato il ruolo degli scienziati e delle istituzioni scientifiche nel fornire informazioni. Il giornalismo partecipativo ha determinato come impatto principale l'erosione della linea di confine tra scienziati che comunicano per ragioni promozionali e giornalisti veri e propri.
Questo problema è legato al fatto che la definizione di "giornalismo" in generale si sta estendendo sempre di più per includere forme di produzione dell'informazione che non esistevano fino a poco tempo fa.
Qual è la linea di demarcazione precisa che divide le attività che possiamo chiamare giornalismo da altre forme di comunicazione? Esiste? Non lo so.
Credo che in ogni caso sia arbitraria e che in questo momento si sta giocando una grande battaglia per ridefinire qualcosa su cui alla fine bisognerà prendere una decisione, una decisione che in ultima istanza è di ordine sociale e culturale.
Questo vale a maggior ragione per il giornalismo scientifico, una specializzazione particolarmente cristallizzata in forme e convenzioni sempre meno adeguate al nuovo ecosistema comunicativo. Il giornalismo scientifico continuerà a esistere ma sarà una professione diversa da quella attuale. Quello che vedremo in futuro sarà il frutto di un processo di rivisitazione delle dimensioni che hanno caratterizzato la credibilità giornalistica in passato. Tale rivisitazione dovrà tener conto soprattutto del consumo e dell'uso partecipato delle notizie in cui è centrale il ruolo della rete.

D'altra parte i blog,i siti web e social network mostrano sempre di più che molte problematiche del rapporto tra scienza e società non si possono ridurre unicamente alle componenti scientifiche, ma devono includere questioni più ampie riguardanti la politica, l’economia, l'etica e forme della conoscenza alternative a quelle scientifiche.
Attivare un dialogo efficace significa avere una sensibilità all’ascolto, tener conto del contesto specifico della comunicazione, chiedersi “cosa” va comunicato e “a chi”. Tutti fatti che sembrano scontati ma non lo sono quando si parla di informazione e comunicazione scientifica.
Gli interrogativi sulla crisi del giornalismo scientifico ruotano prevalentemente attorno alla sopravvivenza di giornalisti nati e cresciuti nella carta stampata secondo logiche che non sono più valide universalmente.
Non bisogna confondere questo problema con l’impressione che non ci sia più bisogno di professionisti della comunicazione della scienza. Al contrario. La richiesta di scienza e tecnologia sui media, soprattutto per comprenderne i meccanismi e le implicazioni sociali, è più viva che mai e le competenze richieste al nuovo giornalista scientifico sono, se possibile, ancora maggiori che nel passato. Non gli basta più essere a suo agio con neuroni, funzioni d’onda e proteine e saper produrre dei bei resoconti semplificati della scienza pieni di metafore e analogie. Se vuole continuare a raccontare storie interessanti e utili deve comprendere i cambiamenti del rapporto tra scienza e società cercando di tradurre nella pratica le conseguenze della riconcettualizzazione dei pubblici della scienza raccogliendo allo stesso tempo la sfida dell’evoluzione dei media.
L’ecosistema dei comunicatori della scienza e dei giornalisti scientifici dovrà sempre di più essere abitato da una flora e una fauna di alta biodiversità in grado di sperimentare e proporre nuove narrazioni.

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