sabato 10 aprile 2010

La malattia come risorsa



Un numero di Aut-Aut della fine del 2008 dedicato alla medicalizzazione della vita ripropone un'indicazione paradossale per aggredire criticamente il cosiddetto dispositivo biopolitico, un dispositivo che, in nome di un paradigma medico sempre più raffinato e scientifico, ci vuole tutti come individui da curare, individui malati prima ancora di saperlo, in attesa della misura di un qualche deficit.
Riprendendo alcuni testi di Franca Ongaro Basaglia e di Georges Canguilhem, la malattia non è solo descrivibile "come fuga, come deresponsabilizzazione, come resa incondizionata", ma anche come "identità, come rapporto, come affermazione di sé in un mondo in cui non c'è spazio né per l'identità né per il rapporto, né per una propria realizzazione che non rientri nei parametri del 'successo' e della 'sconfitta' ". [tratto da pg.9 dell'intervento di Pier Aldo Rovatti].
Il paradosso sta nel vedere la malattia come "chance di vita" e di affermazione di una soggettività espropriata dalla medicalizzazione della vita.
Lo spiega bene Mario Colucci nel suo intervento a pg. 118, riportando questa volta un'intuizione di Franco Basaglia il quale "aveva compreso che paradossalmente la malattia poteva essere un 'rimedio', qualcosa che poteva curare la comunità, liberarla dalla sua deriva civile, dalla sua miseria culturale, dalle ossessioni di normalità e di onnipotenza che l'affliggono. Quando l'inclusione sociale non rappresenta un gesto umanitario, ma l'occasione che permette di apprendere qualcosa riguardo ai propri 'resti' - siano essi il dolore, la marginalità, la vecchiaia, la solitudine -, la malattia diventa una risorsa per la comunità, perché migliora la qualità dei legami sociali di tutti e riabilita ciascuno alla proprie competenze etiche."

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